Racconti di viaggio › Londra 2014 con Rochester

In volo con LeonardoIl weekend breve ma intenso a Londra e dintorni ci ha lasciato molti spunti per un racconto di viaggio ricco di situazioni particolari, sia per la sistemazione fuori dalla metropoli, ovvero nel Kent, quanto per la scoperta del sistema ferroviario del sud-est londinese.

Volo e arrivo a Londra
Poco da aggiungere a quello che ormai è di dominio pubblico: Ryanair Pisa-Stansted (A/R 242 euro in quattro, con Leonardo non pagante) e Stansted Express fino a Liverpool Street con la formula DUO, buona perché permette di viaggiare in coppia con bambini gratis a prezzi promozionali (A/R 61 euro). Da Liverpool Street a Victoria Station in metro, con prezzi da ergastolo (4,7 sterline, ovvero più di 5 euro, per la corsa semplice) e con il primo errore dovuto alla fretta perché a Londra sulla stessa piattaforma passano più linee e non una come nella maggior parte delle metropolitane: invece della Circle abbiamo preso un’altra linea, accorgendosene però alla prima fermata e quindi con poco danno.
Da Victoria Station partono i treni della National Railways che, con il servizio garantito dalla linea Southeastern, portano a Rochester (17 sterline solo andata), dove gli amici ci hanno prenotato l’hotel, con due corse l’ora praticamente per tutto il giorno con un viaggio da 39/45 minuti a seconda del treno preso. Una sorta di metropolitana di superficie simile alla RER parigina, sicuramente efficiente ma attenzione a sbagliare perché da Victoria partono 3-4 linee dirette verso il sud. Se mai dovrete andare a Rochester la direzione è Margate-Dover.
Messa così sembra facile e automatica ma in realtà l’aereo ha toccato la pista di Stansted alle 8 in punto, in perfetto orario, e noi abbiamo toccato l’asfalto del binario 3 di Rochester alle 12,50: solo per uscire dall’aeroporto abbiamo impiegato 90 minuti precisi: 20 per arrivare da un terminal all’altro e 70 per passare il controllo passaporti, dove abbiamo trovato file lunghissime, nessuna corsia preferenziale per anziani e famiglie (con bambini da tenere inquadrati un’ora senza potersi muovere troppo o fare pipì) e molta pignoleria (carte d’identità senza la plastica protettiva e in buone condizioni).

Hotel
Gordon House, 93 High Street a Rochester.
Una delle esperienze più surreali da quando viaggio. La facciata è perfettamente inserita nel contesto della via, al piano terra, appena entrati a sinistra c’è il piccolo ristorante arredato in stile anni ’40, poi la reception con la sala-bar, queste un po’ anni ’70. Credo sia gestito (o di proprietà..) da una famiglia di origine asiatica cordiale ma sicuramente non troppo attenta a salvaguardare il decoro del luogo.
Non che non fosse pulito (neanche lindo), non che non fosse accogliente (al punto che ci tornerei) ma:
1) la stanza (numero 15) è un mini appartamento con due camere (cinque letti in tutto) collegate da un corridoio con due scalini e un affossamento nella moquette largo come un 45 giri dopo il gradino più basso. I due bagni: uno con doccia piuttosto stretta con un soffione esagerato, largo quasi quanto la doccia stessa, un lavandino decente e una luce che si accendeva e spegneva quando voleva dopo aver tirato la cordicella. Presente (ma inutile in quanto non c’è wc) anche la ventola, da accendere con una cordicella che ti batte sulla fronte entrando in bagno. L’altro bagno con wc, all’attaccatura del quale il parquet è crepato e per qualche centimetro affossato, un lavandino sufficiente per Barbie e Big Jim (ma non insieme), specchio e niente più: ma in due metri quadrati è già tanto.
2) La camera più grande si sviluppa in lunghezza, mentre in larghezza è come un camper: praticamente due metri per dieci, con il letto matrimoniale aggirabile solo strisciando con le spalle al muro e montato su un rialzo (spero voluto e non dovuto ad un cedimento del pavimento) ai margini del quale è stata messa una poltrona con le gambe di sinistra sulla parte alta e quelle di destra sulla parte bassa, col risultato di essere in pendenza e con davanti una tv (forse la cosa migliore della stanza visti i tanti canali visibili) sulla quale hanno messo una targhetta adesiva con la scritta “This is a tv” (??).
Poi un lettino singolo parallelo al muro lungo, un’altra poltrona e di fronte un ripiano con microonde, bollitore e un termosifone a terra alto meno di 40 centimetri. Sull’unico comodino una lampada alla cui base qualche ospite precedente aveva attaccato una targhetta adesiva con la marca e la misura dei calzini (quella che sta in vetta ai gambuli, unendoli) e nessuno si è mai preoccupato di staccarla.
Infine l’armadio a fondo stanza. In totale almeno 3-4 stili ed epoche diverse di arredamento.
3) La camera più piccola offre (se si riesce a raggiungerla senza cadere nell’affossamento in corridoio) due lettini singoli, un arredamento semplice ma almeno con tutti i pochi mobili dello stesso periodo, un delizioso e piccolo caminetto, un comodino con lampada non funzionante e una bellissima vista sulla Cattedrale e su High Street. Tutto ottimo, tranne il letto di sinistra che, spostandosi completamente sul bordo vicino al comodino, dava l’impressione di cappottarsi come se alle zampe mancassero alcuni centimetri per toccare terra o come se il pavimento fosse di melassa.
Nel complesso l’impressione è che l’arredamento muti via via nel tempo: quando una cosa si rompe o deteriora se ne prende una con la stessa funzione ma a casaccio, magari nei mercatini con le offerte a 1 sterlina o alle svendite di fine collezione, senza guardare allo stile e al colore.
Un altro esempio le chiavi di camera. E’ la prima volta che il numero di camera lo trovo scritto a penna su carta adesiva attaccata sul portachiavi. Per la camera grande era una targhetta colorata anonima, per la camera piccola un portachiavi a forma di 6 (o 9) tanto grande da non entrare in tasca. Potrei sbagliarmi ma secondo me era un numero civico in ottone mai attaccato fuori e riciclato come portachiavi; grosso errore non averlo fotografato.
Un potenziale enorme mal sfruttato: un rapporto qualità-prezzo (ce lo hanno pagato ma i costi sono su internet) non eccezionale per un albergo che potrebbe essere un gioiellino. Sembrava quasi di essere in un episodio di Harry Potter, sul procinto di essere risucchiati dal pavimento o gettati in un armadio parlante, o di un film in costume d’epoca…
La prima sera abbiamo provato anche il ristorante: per 36 sterline una cena più che sufficiente con carne e contorni ben cotti ma la fame era tanta e quindi il giudizio è attendibile fino ad un certo punto. Così come il comfort delle stanze (abbiamo dormito tutti in quella grande): silenzio assoluto e tranquillità, nonostante la stanza si affacci su un parcheggio ma la stanchezza era tale che avremmo dormito anche direttamente nel parcheggio.

Rochester
Altra sensazione alla Harry Potter ma solo in senso piacevole. Questo paesino di 27 mila abitanti immerso nel verde del Kent e attraversato dal fiume Medway (che dà anche il nome alla “provincia”) è stata una piacevole scoperta. Pur essendo chiaramente a vocazione industriale e popolare (si nota arrivando in treno) ha in High Street un angolo di passato e di tradizione ancora molto vivo: la strada inizia a circa 300 metri dalla stazione e termina un chilometro circa dopo, è tutta pedonale e lastricata in mattoni rossi. Sui due lati una serie ininterrotta di locali e negozi, molti dei quali arredati in stile anni ’40 e ’50, ma non mancano tocchi garbati di modernità o esercizi di stile curiosi, come il parrucchiere per bambini con le poltrone-automobilina o un moderno pub dove trasmettono le partite della Premierleague. Negozi di abbigliamento, spacci di associazioni di beneficenza, ristoranti, pub tipici, le vecchie cabine telefoniche rosse, botteghe vintage di abiti e chincaglieria, librerie, sale da thè curatissime e anche il centro informazioni per i turisti (grande e con tanti souvenir che sfruttano al massimo Charles Dickens, che ha vissuto a Rochester per qualche anno ambientandovi anche parti di alcuni racconti): tutto concentrato in una via sulla quale, dopo il tramonto c’è il passeggio dei giovani del posto diretti ai locali da ballo o nei pub.
E poi naturalmente la Cattedrale e il Castello, le due attrazioni principali che sorgono l’una di fronte all’altra e aggiungono motivi validi al fatto di scegliere Rochester come base per una gita a Londra, magari per più di tre giorni e per dare anche un’occhiata più attenta al Kent. Entrambi gli edifici sono monumentali e hanno storie lunghe da raccontare, con la Cattedrale che accusa meno gli anni rispetto al Castello, trascurato nei secoli scorsi ma adesso ben conservato e visitabile con 6 sterline (noi, causa passeggino e bambina non troppo interessata, non abbiamo visto gli interni).

Cibo
Abbiamo mangiato nell’ordine da:

Peggotty’s Parlour (http://www.tripadvisor.it/Restaurant_Review-g635679-d3573684-Reviews-Peggotty_s_Parlour-Rochester_Kent_England.html): ci si accede da una porticina e si sale al primo piano. Personaggi di Dickens alle pareti, pavimento in legno, mobili antichi, dolci esposti su una madia e menù ampio. Noi abbiamo fatto un pranzo-merenda quasi alle 15 con patata ripiena e accompagnata da verdure, peggotty rarebit (toast con formaggio, prosciutto dentro e sopra – fuso – e uovo - sopra), altri due toast semplici e un gran pezzo di torta al cioccolato con latte caldo per Sara. Il tutto con vista da un lato sulla cattedrale e dall’altro sulla cucina. Presente anche una signora distinta, elegante e anziana a piluccare un toast: sembrava quasi una comparsa pagata per impreziosire e caratterizzare ulteriormente il locale.
Ristorante dell’hotel: già detto sopra, più lode che infamia.
Subway: sempre evitato in qualsiasi città visitata perché non mi ispirava. Invece ci siamo trovati in emergenza fame-sonno dopo le 21 e forse ancora una volta grazie alla fame, ci siamo pappati tre ottimi panini col pollo. Ma buoni davvero… e per niente pesanti.

 

Londra
Niente di particolare da segnalare dal punto di vista turistico. Il tour ha preso il via dalla chiesa italiana in Clerkenwell Road (zona metro Chancery Lane) dove abbiamo preso parte al battesimo al quale siamo stati invitati e dove si ritrova la comunità italiana di Londra più numerosa (c’è l’oratorio Pallotti e un negozio di alimentari Terroni – è il cognome, non l’aggettivo – dove si mangia e si compra solo made in Italy). Da lì, rigorosamente a piedi, abbiamo fatto circa 9 km percorrendo Theobalds Road, Kingsway, Covent Garden, Leicester Square, Piccadilly Circus, Regent Street (dove ho trovato l’inaspettato “NFL on Regent Street”, evento di football americano con una mezza dozzina di franchigie USA) fino a Oxford Circus. Da lì a sinistra per Oxford Street (superando un corteo di protesta anti-ISIS di curdi che ha bloccato tutta la via con decine di bus rossi fermi e incolonnati) fino a Hyde Park, per una mezzoretta di riposo e di sfogo ludico per i bambini. Infine Grosvenor Road fino a Victoria Station per prendere il treno per Rochester.
Il tutto con un arrivederci per una gita più lunga in futuro.