Lascio integralmente quanto scritto nel 2006, in situazioni e condizioni ben diverse da quelle attuali. D'altronde un viaggio è diverso dagli altri anche per i risvolti emotivi che vi si possono trovare...

Quando sono partito da Varsavia per Minsk (vagone con cuccetta a due posti, ma ho viaggiato da solo, 55 euro solo andata) non immaginavo neppure lontanamente di partire per la città in cui stava per finire il mio fidanzamento ormai triennale.
Per questo il mio giudizio sulla città può essere alterato da sensazioni e delusioni che mi hanno “intorpidito” la mente annullando di fatto ogni capacità di critica o ogni possibile entusiasmo derivante da cose e persone.

Di Minsk città mi rimane un ricordo “neutro”, quello di una città vista con gli occhi scettici di chi si aggira in un luogo in cui sembra pesare l’ombra del “dittatore” Lukashenko ma dove in realtà la gente non sembra oppressa, pur muovendosi come robot su e giù per le due-tre strade principali.
Non è bella Minsk e non può esserlo, se ad appena un paio di chilometri dai viali del centro ci sono strade in cui a maggio regna la sabbia gettata in inverno per non scivolare sul ghiaccio. Non può essere bella una città in cui all’ordine che vige in centro, con viali puliti, bandiere e pannelli patriottici ad ogni angolo e una metropolitana efficiente, corrisponde una periferia di case costruite mattone dopo mattone nel corso degli anni, senza una pianificazione urbanistica degna di questo nome e con reti fognarie appena abbozzate.
Non è brutta Minsk e non può esserlo del tutto perché in fondo è una capitale nel cuore dell’Europa. Lungo la Skarina, il viale principale, non manca niente, neppure agli occhi di un occidentale che tifa USA: grandi magazzini, giardini, trasporti urbani puntuali e frequenti, giovani emancipati, musei e stadio. E ti sembra impossibile che nello stesso luogo in cui ti fai una foto con lo sfondo di fontane e mercatini ci siano stati pochi mesi prima tanti giovani accampati con le tende sotto la neve per chiedere più democrazia e più libertà. Non può essere brutta una città che ha una parte, quella di Nemiga, che se si trovasse in una qualsiasi altra città europea, sarebbe descritta su guide e libri in termini entusiastici: il lago, il verde e le case colorate della città vecchia ti rimangono impressi e solo il personalissimo collegamento alla mia storia con l’ex fidanzata mi impediscono di apprezzarne a fondo la bellezza.
Avrei voluto e vorrei tuttora ricordarmi di Minsk in modo diverso, magari pensando anche di tornarci per vederla d’inverno dopo averla vista in primavera, ma non ci tornerò, mai più…
E allora mi devo ricordare in futuro, magari guardando le foto, di uno stadio bello come quello della Dinamo, del mercatino intorno alle tribune con tanti oggetti dai costi non così bassi come ci si può aspettare, delle vecchiette che vendono centrini ricamati ad uncinetto lungo i viali, dei grandi magazzini che mi immaginavo semi vuoti e dagli scaffali sguarniti e che invece sono pieni di gente, con uomini e donne intenti a comprare chissà cosa e pagando con chissà cosa, visti gli stipendi molto bassi che girano a queste latitudini.
Ma mi dovrò ricordare anche di autobus anni ’50 che continuano a girare alla faccia della tutela dell’ambiente, dell’esercito che monopolizza tutto, compresa la pubblicità in strada (ho visto e fotografato militari intenti a affiggere il cartellone pubblicitario della nuova e costosissima Mercedes), delle strade chiuse per far passare la Limousine di Lukashenko (che di Mercedes ne ha comprate a dozzine per i membri del suo governo), dei taxi collettivi che ti portano da una parte all’altra della città, dei chioschi in cui si vendono liberamente cd, dvd e software masterizzati a prezzi ridicoli e dei grandi palazzoni in stile sovietico che trovi ovunque.
C’è chi va a Minsk per le ragazze, pensando di far valere il fascino latino. Non so se la tattica funzione ma posso dire che le ragazze meritano un nove per la parte vita-piedi, un sette scarso per la parte collo-vita ma molte sono sotto il sei per il volto (occhi a parte). Io le ho guardate poco, pensando e sperando di avere ancora al mio fianco una fidanzata, ma dovessi tornare a Minsk per le ragazze ci penserei molto… e poi mi fermerei altrove.
Il cibo – Senza una guida locale o qualcuno che capisce il cirillico è un problema ma la scelta è ampia. Consiglio il Lido, un self service molto frequentato sulla Skarina in cui si trova di tutto, dalla tipica e fucsia zuppa locale al semifreddo. Ed i prezzi sono più bassi che in Italia.
Conclusioni – Non ho più voglia di scrivere di Minsk. Per me questa città rappresenta un capitolo amarissimo e nerissimo impossibile da dimenticare e solo sentire il nome di questa città rende la giornata più triste e rabbiosa: andateci e fatevi una vostra idea personale. Tre-quattro giorni bastano e avanzano per uno sguardo approfondito, anche se io in cinque giorni non sono riuscito a vedere il Museo della Guerra, che sembra, a detta di tutti, la vera attrattiva turistica della città.
Andateci finchè il rapporto prezzo-qualità è questo, anche se è sbagliata l’idea di andare lì a fare i signori con quattro soldi. La vita costa, a noi meno che ai bielorussi ma costa e Minsk non vale un “investimento” di troppe centinaia di euro…
Chiudo con una frase non mia ma di un altro pratese che è stato a Minsk decine di volte: le motivazioni che ci hanno portato a questa frase sono assolutamente diverse ma il senso è univoco. “Vaffanculo Minsk”.
Vaffanculo per quello che potevi essere e che invece non sei stata, vaffanculo per quello che sei stata e auguri per quello che potrai essere, con un Lukashenko in meno e un po’ di libertà in più. Vaffanculo per quello che rappresenti per me e per quello che hai rappresentato, rappresenti e rappresenterai per qualcun altro.
Vaffanculo perché hai trascinato anche me nella tua triste storia millenaria di guerre, soprusi e difficoltà e perché nelle tue strade di sabbia e di case improbabili ho perso una parte di me.
Forse doveva essere così, forse Minsk doveva essere un capolinea: vaffanculo Minsk, questo capolinea non mi piace e mi costringi a scendere ugualmente dal treno sul quale ero salito con ben altri sogni e altri desideri.
Vaffanculo.