Racconti di viaggio › Rodi 2011

Da isola delle rose a isola dei russi. Il ritorno a Rodi, dopo otto anni dall’ultima visita, mi ha fatto trovare un luogo un po’ cambiato, e non solo dal passare del tempo. Il turismo dall’ex Urss ha preso piede in modo evidente: russi a frotte nelle strade e cartelli in cirillico fuori dai negozi sono stati il segno di un mondo in evoluzione anche in questo gioiello a due passi dalla Turchia.
Ed anche la crisi che ha colpito duramente la Grecia non si è potuta nascondere dietro a un mare limpido e a spiagge affollate: Faliraki porta i segni di una recessione pesante nelle vie laterali e parallele alla via principale, la sempre colorata e rumorosa Bar Street. Alcuni locali sono stati chiusi di recente, di altri ormai non si intuisce più nemmeno il nome sulle vetrine polverose ed anche l’animazione in spiaggia, intorno al Chaplin, non è quella di otto anni fa.
Messa così sembra che abbia ritrovato una Rodi peggiorata e quasi triste, invece con Ketty e Sara, alla sua prima vacanza marina fuori confine, ci siamo goduti tanti momenti bellissimi e tanti luoghi ancora con pochi pari in Europa. Il racconto di questa vacanza, scritto a quattro mani con mia moglie, percorre i sette giorni a Rodi: base di partenza Faliraki, punto di arrivo ogni giorno diverso.
Volo
L’istituzione del volo diretto Ryanair Pisa-Rodi è stata la molla che ci fece scattare l’idea di andare a Rodi. Io per far vedere l’isola a Ketty, Ketty per andare in una nazione nella quale non era mai stata (e forse per farmi smettere una volta per tutte di parlarle di Rodi). Abbiamo prenotato a gennaio, un po’ perché è sempre divertente mettersi al computer a organizzare viaggi e un po’ perché i prezzi erano ancora molto buoni. Abbiamo speso 448 euro per un’andata/ritorno per due persone e la bambina (40 euro), con due valigie e l’assicurazione: partenza al mattino da Pisa, ritorno nel primo pomeriggio da Rodi, quindi con orari ottimi, visto che il primo giorno (atterraggio con 25 minuti di anticipo) alle 15 eravamo già in albergo a Faliraki (aeroporto-hotel 25 minuti d’auto, ma accelerando ne bastano 18-20).
Hotel
Sempre a gennaio ci siamo “buttati” su booking.com scegliendo in una lista di buoni hotel quello che aveva il rapporto voto clienti-prezzo migliore.
Ha “vinto” il Mon Repos Hotel (
www.monreposhotel.com/location.html) di Faliraki, proprio lungo la Rodi-Lindos, a trecento metri dalla Street Bar ma lontano da rumori e musiche. 42 euro a notte (solo camera) che abbiamo portato a 50 aggiungendo 4 euro di colazione a testa: un prezzo basso per una sistemazione molto buona e una colazione che, pur non essendo da grand hotel, è stata sempre molto più che abbondante e sufficiente, a volte, a farci saltare il pranzo. Le recensioni su booking dicono tutto: molto stringatamente si può dire che la camera era ampia, pulita e silenziosa. Mancano le tapparelle e le tende non oscurano, quindi alle 6 mi toccava dotarmi di mascherina nera, mentre alle 7 poco più Sara pensava a dare la sveglia a Ketty e poi a me. L’angolo cottura è stato preziosissimo la sera per preparare le pappe alla bambina e nel frigo hanno trovato subito posto due bottiglie di acque e due lattine di Fanta che Michele, il proprietario dell’hotel, ci ha fatto trovare come regalo di benvenuto. Piscina non enorme ma più che sufficiente per i pochi bagni fatti al rientro dalla spiaggia.
E’ un due stelle pagato come un pensione italiana a una stella; in Versilia sarebbe un tre stelle e costerebbe il doppio!
Se lo scegliete ricordate: l’ingresso al parcheggio è sulla destra, in direzione di Lindos, 400 metri dopo il primo semaforo alla fine della discesa arrivando da Rodi. Appena finisce lo spartitraffico che divide le carreggiate c’è l’hotel. Meglio entrare da lì, perché venendo da sud sareste costretti a fare una manovra pericolosa e illegale, ovvero sostare sulla sinistra (corsia di sorpasso) vicino allo spartitraffico e aspettare che non passino auto in direzione di Lindos. Nel frattempo quelle che vanno verso Rodi a alta velocità o vi sfiorano o vi suonano il clacson per mandarvi a quel paese… (in rosso gli accessi all’albergo, la freccia verde indica la fine dello spartitraffico, il triangolo verde l’area zebrata di sicurezza http://imageshack.us/photo/my-images/11/monrepos.jpg)
Auto
Croce (poca) e delizia (tanta). Delizia: abbiamo prenotato pochi giorni prima della partenza. Facendolo con maggiore anticipo avremmo risparmiato qualcosa. Tramite Rentacar365.com, che trova on-line i prezzi migliori (in questo caso è stato effettivamente così), abbiamo prenotato una economy-car all’aeroporto di Rodi: il sito ci ha fatto una prenotazione con la Hertz a 237 euro (comprensivi di affitto del seggiolino per la bambina), 34 dei quali pagati alla prenotazione. Poi allo sportello ho aggiunto 53 euro di pieno di benzina: me li hanno restituiti sul conto della carta di credito alla riconsegna, fatta col serbatoio pieno. L’avessero trovato vuoto se li tenevano. In realtà il pieno mi è costato 57 euro… la benzina verde in Grecia è a 1,78 al litro.
Ci hanno dato non la Peugeot 107 attesa ma una Panda celestina nuova di zecca (solo 3307 km percorsi) con l’aria condizionata (necessaria) che andava che era una meraviglia (a parte qualche salita) e con la quale abbiamo sempre trovato parcheggio.
Croce: il seggiolino prenotato non era sicuramente a norma! In pratica era solo un piedistallo con due maniglie laterali, adatto agli adolescenti, non certo a una bambina di nove mesi. Ci aspettavamo questo (
http://www.brevi.eu/foto-prodotti/copertine/touring-sport.jpg), abbiamo trovato questo (http://www.prezziaffari.it/45-154-thickbox/chicco-seggiolino-auto-quasar-plus.jpg). La distanza tra l’area consegna auto e il desk in aeroporto e la voglia di arrivare all’hotel per iniziare la vacanza ci ha fatto desistere dal tornare indietro a protestare. La bambina si è adattata per i primi due giorni, poi si è adattata Ketty a tenerla in braccio con la cintura allacciata, dove era decisamente più sicura.
La vacanza
Concentrare il meglio di Rodi in sette giorni scarsi non è stato facile e, nonostante i miei ricordi fossero ancora vivi come se fossi partito dall’isola il giorno prima, talvolta è stato impossibile andare a colpo sicuro ma tutto è stato splendido, come nelle speranze della vigilia.
La mezza giornata del primo giorno l’abbiamo passata alla Anthony Quinn Bay, sia perché è una delle spiagge da vedere obbligatoriamente, sia perché era a cinque minuti di auto dall’hotel. Siamo arrivati a metà pomeriggio, giusto il tempo per dare il cambio ai primi che lasciavano la spiaggia dopo ore e ore di sole e mare. Il tempo di uno spuntino alla taverna che si affaccia sulla baia (10 euro per un cheeseburger, un hamburger con patatine e due bibite, senza contare il valore aggiunto del panorama…) e poi in spiaggia. Nonostante fossero le 17 passate la responsabile degli ombrelloni è passata per riscuotere il prezzo pieno: 4 euro a lettino, lo stesso che poi abbiamo ritrovato su tutte le altre spiagge, dalle più attrezzate alle più selvagge. Un quarto del costo in Italia con un mare dieci volte migliore.
La sera, stanchi per il viaggio iniziato all’alba, non ci siamo mossi da Faliraki, cenando alla fine di Bar Street, poco prima del lungomare, ristorante Fiesta, che ci è sembrato il meno commerciale e turistico. Scelta felice: moussaka, insalata greca con tzatziki, pollo con pancetta, salsa barbeque e patate (tutto molto buono), più acqua a 21 euro.
La destinazione per il secondo giorno l’avevamo già decisa a tavolino, per iniziare la vacanza sul sicuro, ovvero per andare in una spiaggia in cui Sara potesse prendere confidenza con il mare senza trovare scogli o acqua subito profonda. Quindi direzione sud, verso Charaki: il riferimento per svoltare a sinistra rimane, oggi come dieci anni fa, la desolante distesa di serre abbandonate e distrutte dal passare del tempo. Una vista che si dimentica non appena si arriva alla spiaggia di Agia Agathi, che alle 11 abbiamo trovato ancora poco affollata, tanto da trovare un ombrellone libero in prima fila: acqua cristallina, sabbia dorata, tranquillità quasi assoluta, dove il quasi è dovuto ad un gruppo di rodiesi arrivati sul promontorio che domina la spiaggia per fare il loro picnic domenicale, con tanto di furgone, mega barbecue e nidiata di bambini urlanti. Fastidiosi per chi decideva di inoltrarsi sugli scogli alla ricerca della chiesetta nella grotta dedicata a Santa Agata, peraltro sparita (crollata o nascosta alla vista proprio dal furgone?), appena percettibili dal nostro ombrellone, dove ci siamo goduti una splendida giornata dedicata al mare, alla lettura, a Sara e al suo bagnetto. Il tutto intervallato dal buon pranzo alla vicina Kantina Agathi.
Prima del ritorno all’albergo ci siamo fermati a visitare il monastero di Tzambika: 305 scalini fatti con la Sara in braccio (e con tre soste, una ogni cento scalini) ripagati dalla splendida vista su tutta la costa e dalla visita al monastero, ristrutturato rispetto a dieci anni fa ma ancora carico di fascino, grazie anche alle foto dei bambini nati dopo che i genitori avevano pregato la Madonna di Tzambika, che si dice essere benevola proprio verso le coppie che non riescono ad avere figli.
Per cena puntatina a Stegna, appendice marittima di Archangelos: l’ora tarda e la fame ci hanno fatto soprassedere dal fare tutto il lungomare per scegliere dove mangiare e, dopo tre o quattro ipotesi scartate, siamo finiti da Antonios, ristorante spartano ma tipico con vista sul mare dove ci siamo concessi polpette di carne, buonissimi fagioli al pomodoro, pesce fresco, gelato, anguria e due Coca, per 37,5 euro bene spesi, con tanto di Sara contenta per aver potuto vedere il grande coniglio bianco del proprietario chiuso in una gabbietta vicina ai tavoli.
Tour completo dell’isola, lungo la sua circonferenza, per il nostro terzo giorno rodiese: partenza dalla costa est verso la ovest, prima tappa Kamiros, sito archeologico di una città rimasta fiorente fino al quarto secolo avanti cristo e poi pian piano abbandonata. 4 euro a testa di biglietto e tour penalizzato dal passeggino e dal sole a picco: quindi ci siamo divisi il compito di baby-sitter visitando i resti della città uno alla volta, godendo della bella vista dall’acropoli e sfruttando ogni tanto le spiegazioni delle guide che accompagnavano gli altri turisti italiani. Consigliato, magari con temperature meno elevate. La nostra Panda ci ha poi accompagnati per molti chilometri lungo la costa, con un percorso prima parallelo alla spiaggia di ciottoli che lambisce l’Egeo e poi curvilineo e fresco sulle colline che portano a Embona, Kritinia e Sianna, dove ci siamo fermati per visitare la chiesa ortodossa, comprare qualche souvenir e scoprire che l’indomani, ovvero il 26 luglio, si sarebbe festeggiato il patrono con una grande festa paesana. Come “antipasto” Ketty, direttamente in chiesa, ha avuto in dono da una signora un pezzo di pane tipico, più simile ad un dolce al berlingozzo che al nostro pane bianco. Da Sianna, dopo una breve sosta panoramica con vista sul castello di Monolithos che, visto il caldo e l’orario (le 13), non abbiamo visitato, ci siamo spostati verso Prassonissi, con stop per il pranzo di Sara nella piazzetta di Apollakkia. Per riscaldare la pappa pronta è stato più utile il basamento torrido di una statua che lo scalda-vivande da auto portato dall’Italia.
Pranzo a Prassonissi, dopo lo slalom tra i vari camerieri che ti chiamano verso le varie osterie. Abbiamo mangiato da Oasis, senza infamia e senza lode, se non per la gentilezza del proprietario, con baciamano a Ketty e tanti riguardi per trovare una posizione ventilata per il passeggino di Sara (24,7 euro per un piatto greco ricchissimo, un’insalata tonno e pomodori, acqua e un nescafe frappè per niente buono). Poi il classico passaggio da un mare all’altro con lunga camminata sulla spiaggia, anche se il passeggino scivolava a fatica e la striscia di sabbia per arrivare all’isola era già coperta dall’alta marea in arrivo.
Suggestiva la lunga risalita verso Faliraki, lungo tutta la costa est prima brulla e selvaggia e poi, da Kiotari in su, sempre più popolata, in alcuni casi con piccole villette a ridosso del mare davvero carine.
Dopo tanti chilometri per la cena siamo rimasti a Faliraki, andando da Paradisios, di fronte al luna park permanente: insalata, tzatziki, omelette al formaggio, crepe con gelato, coca cola, acqua e la prima volta della Ketty con la birra Mythos per 26 euro. Se ci mettiamo l’ambientazione curata, con un finto torrente che circonda i tavoli per ricreare una scenografia da isola il prezzo non è male.
Il 26 luglio ci siamo goduti una delle migliori spiagge di Rodi, la Nikola’s Beach (
http://www.rhodes.ws/beaches-rhodes-greece/nikolas-beach), tappa fissa per ogni vacanza su questa isola. Nikola è sempre uguale: grassoccio, sudato, camicia aperta tranne gli ultimi due bottoni e con i capelli arruffati ed anche il mare non si è smentito. Ho avuto l’impressione che la spiaggia sia stata leggermente “mangiata” dalle acque, con il conseguente e positivo allargamento della parte che precede gli scogli, dove i bambini possono nuotare in tranquillità senza timore di non toccare. Al di là della barriera di scogli (dove sono installati alcuni ombrelloni per chi non vuol stare sulla sabbia o preferisce essere vicino all’acqua alta) si apre il sipario su uno dei mari più belli per limpidezza e colore che abbia mai visto: scarpette da mare, maschera, boccaglio e via, tra pesci e fondali bellissimi. Quando il fondo pietroso lascia spazio alla sabbia il blu diventa intenso, ma ti rendi anche conto di avere sotto di te una quarantina di metri di mare ed è meglio tornare indietro…
E se non bastano i piaceri della nuotata ci sono quelli della tavola. La spesa maggiore di tutta la vacanza l’abbiamo fatta lì: calamari, orata, insalata greca, caprese, patatine fritte, coca cola zero, acqua e bruschetta a oltranza (ne ha mangiato un pezzo anche Sara!) per 43 euro. Per la giornata avevamo messo in programma anche la visita alle vicine terme di Kalithea (a duecento metri in linea d’aria, dopo la Tassos e la Oasis Beach) ma considerato l’idillio siamo rimasti alla Nikolas fino a tardi.
Il 26 è stato anche il giorno della prima fugace visita a Rodi città: l’obiettivo era il ristorante Tamam, il più votato tra gli 84 ristoranti di Rodi su Tripadvisor e indicato come una delizia per il palato. Si trova in una traversa a destra del viale Eikostis Ogdois Oktovriou, che taglia Rodi Nuova da Mandraki alla costa ovest. Pieno come un uovo, tavoli liberi solo dopo un’ora e mezza: non avendo prenotato e non volendo far fare tardi a Sara abbiamo ripiegato su un altro locale di questa viuzza (Leontos Georgiou), che offre alcune interessanti alternative al Tamam, come un ristorante dall’arredamento moderno e dal menu un po’ ricercato e come la Thomas Tavern, dall’aspetto a metà tra il turistico-pacchiano e il tipico greco-grosso grasso matrimonio. Abbiamo scelto la Thomas, accolti con tanta simpatia (l’effetto Sara colpisce tutti) nonostante i tavoli fossero quasi tutti pieni e non avessero grande bisogno di clienti. Prima ancora di prendere l’ordinazione ci hanno portato un seggiolone per la bambina con qualche ninnolo per farla divertire, poi è toccato a noi: soulaki di pesce e Mythos per Ketty, spezzatino di carne con riso e Coca per me. Al momento di chiedere il conto (26 euro) ci hanno offerto il gelato. Quindi… consigliato (George Leontos 8, tel. 2241073557)!
Il 27 l’abbiamo dedicato alla Rodi interna, alle tradizioni popolari e alla città vecchia, con una stupefacente concessione alla casualità del destino. Prima tappa al fresco di Epta Piges, dove Sara ha visto per la prima volta un pavone e dove ci siamo rilassati guardando le sette sorgenti. Una visita di mezzora giusto per iniziare con calma la giornata, proseguita in auto con l’attraversamento dell’isola da est a ovest passando dalle colline di Dymilia e Soroni, per poi arrivare a Rodi Città costeggiano l’Egeo. Tarda mattinata e pomeriggio tutti dedicati a Rodi Vecchia, ai suoi vicoli, ai negozi più o meno nascosti, alle piazze e alle viuzze sempre (troppo) affollate. Shopping, turismo, fotografie e cibo (Nireas, non quello nella città vecchia ma quello sul lungomare di Mandraki, a ridosso del mercato centrale. Pizza greca – buona – crepe con gelato, the freddo e pepsi 11 euro). Qui la curiosa serie di coincidenze. Quante possibilità ci sono di decidere al mattino di indossare la maglia del Prato, farsi riconoscere per questo motivo dal cameriere di un ristorante scelto a caso tra dieci in fila uno dietro l’altro, sentir chiamare un signore anziano al tavolo dello stesso ristorante per dirgli che ero di Prato, sentirmi dire che il fratello di questo signore era venuto ad abitare in Italia, che in Italia vuol dire Toscana, che in Toscana vuol dire Vernio e che Vernio vuol dire dieci chilometri da casa nostra e che questo signore l’ho conosciuto perché ha fatto il presidente della locale squadra di calcio e sua figlia è stata con un mio amico??
Così a gesti e con qualche parole italiana questo anziano mi ha chiesto di salutargli il fratello, quando lo vedrò. Tenuto conto che non lo vedo da almeno venti anni credo che la cosa sia impossibile, a meno di altre curiose coincidenze…
Per la cena del 27 ci siamo calati nel folklore locale, andando al monastero di Sylla, una minuscola chiesetta con intorno un enorme parco attrezzato, che proprio nella ultima settimana di luglio si riempie di bancarelle per la festa della celebrazione di tutti i santi (a quello che abbiamo capito). Sylla è nel buio della collinetta che separa l’alta Dymilia dalla bassa Soroni: dopo quattro-cinque chilometri in salita si apre, sulla sinistra, lo spazio del monastero.  C’è una specie di ippodromo dove, nei giorni della festa, si corre anche un palio con i somari, mentre quando siamo andati noi era sede di un concerto di un cantante locale, un  parcheggio enorme (ma anche a Rodi c’è chi, nonostante questo, parcheggia dove capita e dove è più comodo), un mini luna park, bancarelle coloratissime di un mercatino simile a quello di mille altri paesini, con Nike false, ninnoli cinesi e abbigliamento dozzinale ma anche con qualcosa di artigianato locale. A fare la differenza è la parte gastronomica: una distesa di una dozzina di stand aperti da ristoratori e osti della zona compresa tra Soroni e Rodi con pietanze preparate sul posto, su enormi griglie: nastri di plastica a dividere i vari spazi, tavolate con tovaglie di carta e posate e piatti di plastica. Noi, seguendo i profumi, abbiamo scelto lo spazio di un locale di Kremasti, dove due fratelli aiutati da alcuni giovani camerieri, stavano distribuendo decine di souvlaki di pollo e di maiale, oltre a insalate e varie altre pietanze tipiche. Al momento di ordinare non ho capito che UN souvlaki significava un solo bastoncino e non un piatto completo con contorno e insalata. Lo sguardo stranito del cameriere mi ha fatto capire che dovevo aumentare il numero, per non restare affamato: così sono passato a due, con patatine fritte di contorno, ma considerata la bontà di quello che mi è arrivato nel piatto mi sono pentito di non averne ordinati quattro. Certo non sarei mai arrivato a dodici, come i nostri vicini di tavolo che, in due (canottiera nera, capelli da giostrai, sguardo da pirati e sigarette da turchi) , hanno mangiato l’impossibile. Tutto buonissimo, compresa l’insalata di Ketty. E intorno a noi famiglie di rodiesi, nessun altro turista e tanta curiosità per le nostre macchine fotografiche sempre in funzione e per la lingua usata per tenere buona a tavola Sara: chissà in quanti si sono chiesti cosa ci faceva una famiglia italiana alla “loro” festa nel mezzo di una collina, a chilometri di distanza dal mare, dai locali affollati e dalle luci del divertimento.
Ma la goduria di palato e pancia non è finita lì: tornati sul vialetto principale abbiamo voluto assaggiare i loukomenas, una via di mezzo tra un frittella e un bomboloncino ricoperta di Nutella. Un milione di calorie in un boccone, e per fortuna ci siamo limitati a una mezza porzione.
Dopo la parte materiale è arrivata quella spirituale. Arrancando con la pancia gonfia fino alla chiesetta l’abbiamo trovata ovviamente aperta e tirata a lucido (sembrava appena pitturata) e siamo entrati: sulla sinistra un’icona della Madonna che i rodiesi baciavano dopo essersi fatti il segno della croce tre volte, di fronte un’apertura su quello che doveva essere o un vecchissimo fonte battesimale o una sorgente sacra posta molto in basso in una cavità, a destra altre immagini di santi che, allo stesso modo della Madonna, venivano baciati e fatti oggetto di preghiere.
Dai cartelli, scritti solo in carattere greco, abbiamo intuito che la vera e propria celebrazione solenne ci sarebbe stata l’indomani, tanto che addirittura una lastra di marmo, già appesa, riportava la data del 28 luglio 2011.  L’esperienza è stata toccante e gustosa e la consigliamo a chi si troverà a Rodi nell’ultima settimana di luglio. Il cartello da seguire è questo http://www.rhodes-greece.info/UserFiles/Image/moni-agiou-silla-soulla2.jpg  e la chiesetta è questa http://www.rhodos-info.de/frames/2000_0726.jpg.
Per il penultimo giorno di mare ci siamo regalati una intera giornata a Lindos: baia di San Paolo dal mattino alle 17 e poi giro tra le viuzze del paese fino all’ora di cena. Alla baia, oltre al solito mare stupendo, abbiamo avuto anche la fortuna di vedere, nel pomeriggio, l’arrivo degli sposi, preceduti da violini e fisarmoniche, per un matrimonio nella chiesetta che domina la baia e dà il nome al posto, dove la leggenda vuole sia approdato proprio San Paolo. Per pranzo panini all’unico piccolo bar della baia.
E perdersi nelle vie di Lindos, per Ketty che non c’era mai stata, si è rivelata una delle tante emozioni di questa vacanza, anche perché i negozi che ci sono non hanno uguali per creatività e originalità. Come regalo della giornata Ketty si è fatta un quarto d’ora (10 euro) di peeling a piedi e caviglie immergendoli nelle vasche con i pesciolini Garra Rufa, che si attaccano alla pelle e ne asportano le parti morte. Avevamo già visto un negozio così a Faliraki, con vasche rettangolari di un metro e mezzo di acqua purificata  illuminate con una luce azzurra. A detta di Ketty è una goduria e lascia la pelle liscissima. Però il titolare del negozio di Lindos (italiano di mezza età sposato-accompagnato a una giovane africana) è un po’ troppo burbero. O semplicemente l’abbiamo trovato nella giornata storta.
L’unica pecca di Lindos è che con il passeggino si è un po’ limitati, tra strettoie e scalini, ma anche Sara ha potuto godere della vista dei somari, pronti ad arrampicarsi verso l’acropoli con sudati turisti sulla groppa, e ha potuto anche assaggiare il buon gelato della gelateria Azzurra, produzione italiana (non chiedetemi dov’è perché a Lindos è impossibile dare indirizzi, ma tanto è nelle vie centrali e, gira e rigira, prima o poi ci si finisce di fronte!).
Non essendo attrezzati per la cena di Sara siamo rientrati a Faliraki e dopo pappina e doccia, siamo andati a cena al Roumelis Grill 2 (uno dei tre lungo la strada principale di Faliraki parallela al mare), scelto da me perché avevo visto un bel forno a legna per la pizza. Peggiore cena della vacanza: pizza alta e salata, mix di carne che, rispetto a quello del monastero di Sylla, sembrava cotto sulla piastra elettrica e fagioli non all’altezza di quelli mangiati a Stregna. Non male il posto, con giardino esterno, patio e un disco-bar interno per le ore più piccole ma dove il dj stava già ammorbando l’aria con gli insopportabili (per me) hip-hop e rap. Tutto per una trentina di euro spese in contanti, visto che la macchinetta della carta di credito non funzionava (non ho neppure preso i punti-regalo!!). Ma la deludente serata non ha cancellato un millesimo della bellissima giornata.
Ultima giornata piena di vacanza, direzione Ladiko Bay, ovvero a due passi dall’albergo, a uno dalla Anthony Quinn. Giornata stre-pi-to-sa per bellezza del mare, temperatura, calma e cibo. Siamo arrivati prima delle 11, trovando posto per l’auto ai margini della spiaggia, abbiamo letto i nostri libri, coccolato Sara, nuotato per ore guardando i pesci e mangiato discretamente (calamari e gamberoni fritti, hamburger, 2 acque da mezzo litro e una pepsi per 33 euro) alla taverna Ladiko, che si affaccia sulla spiaggia. Meno considerata della Anthony perché, all’apparenza, meno suggestiva, la Ladiko si è confermata invece ottima in tutto e per tutto. Soddisfatti, riposati e rilassati abbiamo puntato su Rodi per la cena, cedendo agli inviti dei vari camerieri disposti lungo il perimetro di piazza Hippocratous, il cuore della città vecchia. Non sai mai se la bellezza dei ristoranti, tutti con piani rialzati e terrazze con vista sulla città vecchia, sia un modo per mascherare una cucina non all’altezza o per giustificare i prezzi ben superiori a quelli di altri locali. La promessa di un tavolo al terzo piano, i sorrisi del cameriere e un menù invitante ci hanno fatto optare per una cenetta suggestiva all’Archipelagos (
http://members.virtualtourist.com/m/p/m/1c8223/ o, per chi ha Facebook, c’è la loro pagina ufficiale), dove le scritte, che compare per ben tre volte sulla facciata, “Spaghetteria – Pizzeria - Steak House – Greek Restaurant” rendono sfacciatamente e inutilmente turistico un locale che invece si è rivelato un ottimo ristorante con cucina curata e buon servizio (anche se il tavolo era sì al terzo piano ma non a ridosso della ringhiera della terrazza, così la vista sulla città era solo parziale – ma bastava alzarsi tra una portata e l’altra e godere di Mandraki e dei pennoni delle barche a destra e di Sokratous illuminata a sinistra). Sara, sistemata su un colorato seggiolone, si è rivelata in grandissima forma, regalando sorrisi a destra e a manca e mangiando (o tentando di farlo) pane in continuazione. Tanto siamo stati bene che, una volta tanto, non ci siamo segnati né pietanze né prezzo (comunque non elevato e non sopra i 25 euro a testa) ed adesso che la memoria difetta un po’ ci ricordiamo solo un primo di larghi spaghetti al formaggio e carne, la solita insalata con tzatziki e poco altro. Ma tutto buono e preparato con cura.
Una degna conclusione di vacanza prima del ritorno in Italia, avvenuto con qualche disagio in più rispetto all’andata: all’aeroporto di Rodi in check-in ha parametri di controllo e sicurezza inferiori a quelli che aveva New York prima delle Torri Gemelle (nel senso di prima che le costruissero, non di prima che le abbattessero…) così abbiamo fatto nell’ordine: controllo documenti, imbarco bagagli non dal desk ma da un nastro trasportatore a dieci metri di distanza controllato da due agenti di polizia, salita al piano partenze senza che sul display fosse indicato il gate per Pisa, ingresso alle partenze con controllo di biglietti e documenti del tipo io li mostravo e l’addetto al controllo faceva le linguacce a Sara per farla ridere, ingresso al gate 4 e presa di posto a ridosso del desk per l’imbarco per poter passare subito col passeggino, uscita dal gate 4 su richiesta di una hostess e rientro immediato con controllo dei biglietti non al desk ma sulla porta del gate lato corridoio principale dell’aeroporto con tanto di ressa (chi era entrato ultimo è uscito per ultimo e si è ritrovato primo…) e infine salita sull’aereo. Come ovvia conseguenza di tutto ciò non combaciava il numero dei passati al gate con quello dei presenti in aereo (uno in più). Cerca la signora, chiama lo steward, perdi la precedenza sulla pista, confronta i biglietti, richiama la signora ecc. ecc. alla fine abbiamo perso un’ora e mezzo. Non ci sorprende che, due settimane dopo, sullo stesso volo della stessa linea abbiamo trovato due extracomunitari pronti a partire per l’Italia senza biglietti e senza documenti.
D’altronde ci voleva un inconveniente in una vacanza tanto divertente quanto troppo breve, tanto soddisfacente quanto forse addirittura superiore alle attese: la perfezione non esiste e il ritardo dell’aereo ce lo ha confermato.
Comunque abbiamo lasciato il sole splendente di Rodi e i 34 gradi costanti del giorno mai afosi né pesanti e poco più di due ore dopo, sorvolo di Santorini con foto panoramica compresa, eravamo a Pisa, abbronzati e felici. Laggiù, nel Dodecaneso, è rimasta un’isola che rimane tra le più visitate (e con pieno merito) ma che non rinuncia alla sua genuinità, soprattutto nei paesi sparsi nel verde delle colline. Con una bacchetta magica si potrebbe rendere tutto ancora più bello, facendo sparire le decine di scheletri di cemento di palazzi, case e alberghi iniziati e mai finiti (alcuni sono lì almeno dalla mia prima visita, nel 2000): quelli vicini a Ladiko e, soprattutto, sulla collina che domina Agia Agathi, sono davvero un pugno in un occhio. Dopo quattro vacanze a Rodi adesso il difficile sarà trovare una scusa per tornarci di nuovo: “Sara, ti piacerebbe tornare sull’isola dove sei stata quando non avevi neanche un anno? Sicuramente non ti ricordi niente ed è un peccato poter solo guardare le foto…” potrebbe essere un’idea. Ma solo tra qualche anno. Nel frattempo dedichiamoci a nuovi viaggi e nuovi racconti.