Racconti di viaggio › Bruxelles 2013

 

Rimandata a settembre. Meglio ancora a luglio o ad agosto.

La nostra Bruxelles ha un voto sospeso nel v(u)oto a causa della pioggia che, per tre giorni e mezzo, ha accompagnato la visita a questa città, sicuramente non brutta ma che non abbiamo potuto apprezzare fino in fondo a causa di Giove Pluvio.

In più ha inciso la difficoltà (almeno rispetto ad altri viaggi) di pianificare a tavolino e in anticipo itinerari e spese.

 

Volo

Per arrivare nella capitale politica d’Europa abbiamo volato con Ryanair da Bologna a Charleroi: 380 euro tra andata e ritorno per due adulti, una bambina e un neonato, con solo bagaglio a mano e con priority con voli prenotati quasi quattro mesi prima della partenza. Chi ha fatto lo stesso viaggio prenotando dieci giorni prima se l’è cavata con una cinquantina di euro a/r…

Massima puntualità sia all’andata che al ritorno, con l’ora e mezzo di volo passati in un batter d’occhio grazie anche agli spuntini a bordo (si spende quanto ad un fast food mangiando leggermente meno).

In più Ryanair, checché se ne dica, ci ha fatto imbarcare gratuitamente (lasciandolo ai piedi della scaletta) il passeggino con l’ovetto, che pure è composto da due pezzi separati: basta farsi mettere due etichette distinte al check-in.

A Charleroi, che a mezzogiorno e mezzo ci ha accolti con almeno dieci gradi meno rispetto a Bologna, pioggia e un vento molto forte, non avevamo ancora le idee chiare su come raggiungere Bruxelles, tra le due-tre linee di bus-shuttle (la più cara è la più frequente, la meno cara parte ogni 45 minuti ed ha regole rigide sull’orario dei biglietti…) e alla fine ha vinto chi si è proposto prima, ovvero il taxi collettivo.

Per 15 euro a testa (un biglietto unico tra Leonardo, che con il suo ovetto prendeva il posto di una persona, e la Sara, che ha viaggiato – dormendo – in braccio al babbo) in 45 minuti siamo arrivati a Bruxelles Gare du Midi condividendo il minivan con altre cinque persone, oltre a Fernando Alonso che guidava, fregandosene di velocità, pioggia e vento. In autobus avremmo speso più o meno 17 euro (ma i bambini non pagavano) e avremmo impiegato un quarto d’ora in più.
A conti fatti (freddo e pioggia nell’attesa del bus compresi) è andato bene così.

“Alonso” ci ha fatti scendere a rue de France-Place Victor Horta, vicino all’entrata laterale della stazione.

Il primo (e condizionante nei giudizi in seguito, anche per altri problemi simili) problema incontrato è stato l’accesso alla metro: con bagagli e passeggino meglio l’ascensore, che però non si muove se non avvicini al lettore il biglietto della metro, che però si fa solo al piano inferiore (sicuramente anche a piano terra, ma non abbiamo trovato le macchinette automatiche. Il babbo va al piano inferiore, la famiglia aspetta davanti all’ascensore; il babbo trova la fila al botteghino e alle macchinette automatiche accettano solo una carta di credito belga (almeno così pare ed è parso anche in altre stazioni); il babbo risale spazientito e porta la famiglia ai taxi, che ci avevano sconsigliato e indicato come i più cari d’Europa.

Probabilmente è vero: 9 euro per 2,8 km ma almeno in dieci minuti scarsi siamo scesi davanti alla hall dell’albergo, asciutti e meno stanchi rispetto al binomio metropolitana-passeggiata.
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Hotel

Voto vicino al 10, la parte migliore della breve vacanza-lavoro. Abbiamo prenotato per 60 euro a notte senza colazione (via booking.com) una tripla al Meininger Brussel City Center (http://www.meininger-hotels.com/en/hotels/brussels/), un albergo inaugurato all’inizio dell’estate 2013 e quindi al massimo splendore. E’ una vecchia fabbrica di birra dismessa e ristrutturata con gusto e design moderno, guardando più alla semplicità, ai colori e all’ecologia che al lusso o all’eccesso di stile, posizionata lungo un canale dove l’ultimo ricordo dell’acqua blu e cristallina risale probabilmente a due secoli fa ma dove comunque sgambettano cigni, si posano gabbiani e passano chiatte lunghissime con sopra carbone, auto, biciclette e materiali vari: si divertono i grandi, figuratevi i piccoli…

Camera (309A) grande, con letto a castello per Sara e culla da viaggio per Leonardo; solo piumoni, temperatura fissa di 22 gradi in estate e in inverno grazie al sistema di recupero di calore e energia di cui è dotato l’albergo, parquet per terra, disegni e decorazioni moderne sui muti, doccia separata dal wc e dal piano lavandino, che invece è open space vicino al corridoio di ingresso della camera. Nessuno spreco di materiale (penne, blocchi di carta, depliant) e tutto spiegato in video sul canale 1 della televisione a schermo piatto (con Rai 1, Rai 3 e Rai News).

Lungo i grandi corridoi che portano alle camere moquette coloratissima e, sul muro, ogni numero di stanza è scritto in modo diverso, con i numeri creati da giovani artisti del luogo con patchwork di vario tipo.

Il Meininger è anche ostello e accoglie scolaresche e gruppi di viaggio, con tanto di europarlamentari, per questo la sala colazione (a buffet “all you can eat”, 5.9 euro a testa) è molto grande e sulla lavagna (tutto qui è scritto sulle lavagne appese al muro) sono indicati i turni e gli orari per i gruppi numerosi. Chi viaggia in autonomia può andare quando vuole, fino alle 10,30 del mattino. Curioso vedere diciottenni in felpa e pantaloncini corti con gli occhi ancora a fessura per il sonno (e le birre?) fare colazione accanto a politici in giacca e cravatta e ipad già in funzione.

La stazione della metro Comte de Flandre è a 450 metri uscendo a sinistra e costeggiando il canale, compreso il tratto dove il vento fa muovere vorticosamente decine di girandole. Il quartiere è chiaramente multietnico, essendo il primo appena dopo la fine della cerchia centrale della città e quindi con i costi degli immobili più bassi.

A piedi il centro si raggiunge in 10-15 minuti passando dal ponte (quello sulla sinistra uscendo dall’hotel) e percorrendo la Dansaertstrass fino a Place de la Bourse, in pieno centro, a 200 metri dalla Grand Place.

 

Spostamenti

Abbiamo utilizzato i piedi e la metropolitana. Per i primi basta una minima forma fisica e il gioco è fatto: in condizioni meteo normali non sarebbe stato un problema rinunciare alla metro, ma con la pioggia… Da parte a parte delle zone da vedere la distanza massima è 6 km e quindi in due-tre giorni si può vedere tutto senza problema e senza affaticarsi.

Se però avete un passeggino con un bimbo piccolo (o una carrozzella per disabili) il centro è in buona parte pavimentato in pavè (o sanpietrini per dirla all’italiana) sia sulla strada che, purtroppo, sui marciapiedi. E quindi è difficile muoversi senza continue mini-shackerate di stomaco e vibrazioni, oltre che ogni tanto incappare in solchi più profondi e piantarsi le maniglie del passeggino nel costato.

Quello con la metropolitana è stato invece un rapporto di odio-amore.

Odio perché una corsa semplice costa 2 euro e il giornaliero 6,5; perché a Comte de Flandre (ma anche altrove) non c’è ascensore e quindi il passeggino va portato a braccio (o, al terzo giorno, guardando le mamme belghe, inclinandolo e bloccandolo sulle scale mobili); perché per due volte l’ascensore c’era ma non funzionava; perché per due volte il cancello per far passare il passeggino e le valigie voluminose non ha funzionato o almeno ha fatto le bizze col biglietto); perché non in tutte le stazioni abbiamo trovato macchinette che accettavano carte di credito internazionali (ma forse qui non abbiamo controllato bene se era una mancanza di targhette adesive o altro…)

Amore perché una volta sopra è come essere in un salotto: pulita, ordinata. In più puntuale, ben frequentata (un tipo che urlava sulle scale a Comte de Flandre imprecando non sappiamo cosa dopo tre minuti tre era già faccia a terra con una pistola puntata addosso) e abbastanza facile da comprendere, anche se la linea circolare va un po’ studiata prima di salire. Ma decisamente elementare.

 

Mangiare

Purtroppo non abbiamo niente di caratteristico da segnalare, tranne un ottimo waffel con Nutella mangiato vicino a Place de la Bourse e la cioccolata che però abbiamo mangiato una volta tornati a casa. La pioggia, gli orari un po’ sballati e l’esigenza di tornare presto in albergo la sera ci hanno “obbligati” a fare tappa in vari fast food (Quick, Mac, Exki…) o a pranzi nell’enorme centro commerciale City 2 in Rue Neuve (da New Maciotto, metà pizzeria take-away self service e metà ristorante con servizio al tavolo. Tutto discretamente buono, anche la pizza e addirittura le tagliatelle al ragù…).

Anche la prevista cena da Chez Leon, in rue des Bouchers, una delle vie vicine alla Grand Place da vedere per scoprire ristorantini particolari con scorci romantici ma troppo nascosti da insegne multicolorate, è saltata: è uno dei locali più consigliati dalle guide e i bambini fino a 12 anni mangiano gratis!

Il martedì c’era la Champions League, Juve-Real Madrid. Come fare per vederla? Google e occhi attenti il giorno precedente mi hanno fatto trovare tre-quattro pub-ristoranti in centro.

Alla fine sono andato in Place de la Bourse dove in due posti, praticamente a 50 metri l’uno dall’altro, trasmettevano le varie gare su maxi-schermi. Al pub irlandese O’Reilly tante tv piccole in stanze piccole e si mangia, allo Sport Pub (o un nome simile, vado a memoria) in rue Henry Maus (a destra guardando le scalinate della Borsa) tanti mega schermi in HD ma non si mangia (l’ho scoperto dopo). Ho scelto il secondo e come me tanti tifosi di Juve, Madrid, Manchester UTD e Bayern….

 

 

Prezzi

Alti. Sia rispetto all’Italia che al resto delle città visitate in Europa, Parigi compresa, ovviamente in centro. Con meno di 10 euro non mangi nemmeno in un fast food, il gelato che costa meno parte da 2,5 euro, ma quello che ci ha stupiti è che si paga anche per utilizzare il bagno nei locali, da Mac Donalds a Quick e al centro commerciale: 30, 35, 40 centesimi… come nei bagni delle stazioni da noi.

Le cose che ho pagato meno rispetto ad altri posti sono state le sciarpe per la collezione: Anderlecht e Bruges (originale con etichetta) 12 euro l’una.

 

Cose viste

In ordine sparso.

Parlamento Europeo. Era il motivo del viaggio. Bella esperienza, sale che rendono bene l’idea dell’importanza del luogo. Ero lì per Prato Città Europea dello Sport 2014, ma questa è un’altra storia… http://comunicati.comune.prato.it/generali/?action=dettaglio&comunicato=14201300000988

Place de la Bourse. Palazzo della Borsa in stile Partenone e una miriade di locali, ristoranti, fast food… Una Piccadilly in tono minore.

Grand Place. Vista due volte. La prima sera col buio e tanta pioggia. Bella ma non ce la siamo gustata. Il martedì nel tardo pomeriggio, con la pioggia e una manifestazione nazional-folkloristica, la diretta tv e le transenne. Bella ma non ce la siamo gustata.

Manneken Pis. Visto al termine della lunga passeggiata del martedì. Siamo arrivati in rue de l’Etuve dalla parte del Grand Sablon ma è a due passi dalla Grand Place. La statua è davvero piccola ma visto che è uno dei simboli della città….

Mercato delle pulci di Marolles. E’ in piazza Jeu de Balle, che si raggiunge scendendo dalla metro a Porte de Halle, dirigendosi verso l’ingresso del maniero (la Porta, appunto) che è impossibile non vedere uscendo dalla metro (è il museo reale di arte e storia) e prendendo la strada di fronte, rue Haute. Camminando per diverse centinaia di metri tra negozi di antiquariato, bar e qualche ristorante carino ma anche tra palazzoni da inizio periferia si incontra, sulla sinistra, rue de la rasière, la prima che conduce direttamente verso la piazza. Noi abbiamo preso la seconda a sinistra, rue des Renards, in discesa e con molte abitazioni e negozi particolari, per poter vedere ancora più da vicino sulla destra il Palazzo di Giustizia, con la cupola in manutenzione. Non ci siamo andati perché in salita e con troppa acqua da sopportare.

All’arrivo in piazza il deserto o quasi: vista la pioggia solo gli antiquari con gazebo coperto avevano esposto le loro cose; la stragrande maggioranza invece era già a casa al coperto… Quindi giudizio sul mercatino impossibile da dare.

A margine della piazza c’è la chiesa dell’Immacolata, grande ma senza particolari spunti di interesse.

Notre-Dame de la Chappelle. Dalla piazza si può prendere rue Blaes, parallela di rue Haute e gemella per tipologia di negozi, e camminare verso il centro città. Si incontra questa grande chiesa, sicuramente da visitare: musica classica in sottofondo, stile tra gotico e romanico, un pulpito in legno molto pomposo ma imponente (vedo su wikipedia che è del 1720…). E se piove un momento di sollievo senza cappucci e giacconi. Di fronte c’è un negozio di antiquariato davvero curioso, a iniziare dall’insegna.

Saint Hubertus Royal Gallery. E’ in Gras Markt, all’inizio di rue du Marchè aux Herbes. Tra le varie gallerie coperte del centro ci siamo imbattuti un paio di volte in questa (andando o tornando dalla Grand Place) ed è stato impossibile non fermarci almeno mezzora. Vista come riparo per la pioggia è diventata il paradiso della cioccolata: all’interno ci sono tre-quattro tra le cioccolaterie più famose di Bruxelles come Godiva, Neuhaus, Belgique Gourmande e Mary ma anche altre. Tra gufi di cioccolato, praline esposte come fossero gioielli, scatole di biscotti e dolci vari ci siamo dovuti limitare al minimo, con puntatina al pacchiano (non sarebbe bastato il bagaglio a mano…) a praline e cioccolatini con magnete-souvenir. Ma nella galleria ci sono anche negozi di alta passamaneria, giocattoli, gioielli e abbigliamento. Necessario un portafogli a fisarmonica.

Atomium. Si vede già quando la metro sta imboccando la stazione Heysel. La sua forma particolare inganna la vista e non si capisce quanto è grande finché non ci si arriva sotto. In realtà noi sotto sotto non ci siamo andati e il motivo è sempre il solito, la pioggia a catinelle. Ci siamo limitati a foto ricordo scattate al coperto, ovvero all’ingresso del parco giochi costruito tra lo stadio e l’Atomium.

Heysel. Capitolo a parte per un capitolo a parte della storia di noi gobbi. Non potevo andare a Bruxelles senza rendere omaggio ai 39 morti dello stadio Heysel e il meteo, quel martedì mattina, ha fatto di tutto per rendere ancora più grigia l’esperienza.

Lo stadio è alla penultima fermata (Heysel) della metro gialla, linea 1, in direzione Re Baldovino (Roi Baudouin), si esce dalla stazione proprio di fronte alla tribuna distinti (ma lì tutto è chiamato freddamente con lettere A, B,….). Per andare alla targa con i nomi dei tifosi morti e alla stele-meridiana che li ricorda bisogna andare a destra (e non a sinistra come noi, costretti a fare il giro dello stadio…) e prendere la discesa (rampe des hollandaise) seguendo la forma dello stadio, costruito su una collina.

La targa è sul lato sinistro della tribuna centrale, grande poco più del minimo necessario per rendere omaggio a 39 morti e piccola poco più del minimo necessario per ricordare il meno possibile una tragedia che ha fatto vergognare l’intero Belgio. La stele è di fronte: una colonna inclinata con 39 luci con i colori della bandiera italiana e di quella belga. Di mattina, anche se grigia e piovosa, le luci erano spente.

A due passi c’era il settore Z e c’è adesso il “taglio” che separa la curva dalla tribuna centrale. E’ stato aggiunto il secondo anello, il muro crollato non è mai stato ovviamente ricostruito e nel sotto tribuna ci sono gli uffici della federazione calcistica belga. Se uno capitasse per caso allo stadio senza conoscere la storia probabilmente farebbe fatica a trovarne cenni camminando lungo le vie che lo circondano. Anche la numerazione dei settori si ferma alla lettera V, tanto per cancellare ulteriormente altre tracce.


Ma se qualcuno che ancora oggi continua a cantare canzoncine sull’Heysel facesse un giro da quelle parti magari prenderebbe coscienza di quanto è infimo il livello a cui arriva la sua stupidità. Magari qualche ragazzino ventenne, figlio di gente che nell’85 magari non era ancora sposata…