Racconti di viaggio › Monaco di Baviera

2003

Capodanno 2003-2004 dal 30/12 al 02/01
Mezzo di trasporto: autobus

Per visitare Munchen ci vogliono più dei quattro giorni che abbiamo avuto a disposizione, ma il nostro racconto potrà andar bene per una visita dei punti fondamentali di questa città.
Partenza in autobus da Prato, totale durata viaggio circa otto ore, con due lunghe soste in altrettanti autogrill. A noi conosciuto il paesaggio emiliano, molto più attraente quello del Trentino e dell’Alto Adige. Neve, paesini, chiesette, cime di montagne e sorgenti ci hanno accompagnato fino al Brennero. Ma anche l’Austria non è male. Tanta, tanta neve, e qualche castello qua e là. Da “cinepresare”, se ce n’è la possibilità.
Una volta entrati in Germania (noi non ce ne siamo nemmeno accorti, forse è passato qualche cartello e ce lo siamo persi…) si arriva in fretta a Munchen.
Dalle prime occhiate capirete subito che la città è estremamente ordinata, che le persone rispettano i semafori, che le chiese sono molto grandi e che c’è molto, molto movimento.

Primo giorno: arrivo in hotel e serata in centro
L’hotel si trovava nel quartiere Giesing, a detta di alcuni inoltrata periferia, ma in realtà a sole 3-4 fermate dal centro. Dopo una rinfrescata siamo scesi decisi ad incamminarci a piedi verso MarienPlatz, ma di lì a poco ci saremmo accorti della pazzia! Uscendo dall’albergo, abbiamo preso la prima strada a destra. Un largo marciapiede, l’immancabile pista ciclabile (i tedeschi amano andare in bici!) e negozi per niente turistici. Finalmente troviamo la fermata della metropolitana, almeno possiamo cercare di orientarci. Ma ci sorprendono tre brutte notizie: la prima è che stiamo andando nella direzione opposta al centro; la seconda è che la piantina della metro da noi stampata (a casa) non rispecchia certo la distanza e la posizione reali delle strade (furbi noi!!!); terzo non esiste una parola che non sia tedesca. Dove andiamo? Che facciamo? Innanzitutto si deve tornare indietro, ma invece di ripercorrere la stessa strada ne prendiamo una perpendicolare al sottopasso della metropolitana e ad occhio ci incamminiamo di nuovo.
Dopo un po’ troviamo una via abbastanza grande e illuminata, ma la cartina che ci ha fornito l’albergo non è abbastanza ampia e non arriva fino al quartiere dell’hotel stesso! Per la prima sera è un problema…
Comunque, percorriamo con pazienza questo lungo e largo viale, poco frequentato dai turisti e con un paio di localini da segnalare, entrambi in fondo alla via, sulla destra in direzione cimitero (questo si trova di fronte attraversando la strada). Pur non ricordando il nome, non potete sbagliare. Il primo è un tipico pub tedesco, molto piccolo, con un grosso bancone e dei tavolini attorno. Più che altro si beve, anche se il menù comprende qualche piatto. Quella sera, comunque, non mangiava nessuno.
L’altro invece, proprio sull’angolo della strada, è un vero e proprio ristorante. I prezzi non sembravano esagerati, e anche se all’esterno sembra spartano, poi dentro la gente è ben vestita e mangia a lume di candela. Anche questo sembra molto caratteristico. Ma noi puntiamo a MarienPlatz, e non possiamo fermarci a mangiare, anche se è presto, non sono nemmeno le sei.
Allora decidiamo di prendere la strada a destra del viale, ma è completamente buia. Solo case e, ovviamente, piste ciclabili. Alla fine ci ritroviamo in una via e ci accorgiamo di avere semplicemente fatto il giro dell’isolato, dato che dopo cinquanta metri c’è di nuovo il viale!!! Non ci scoraggiamo. C’è una fermata dell’autobus (tutto tedesco…) e cerchiamo di capire come orientarci. Decidiamo per la direzione opposta e poco dopo, prima dolce visione, ci imbattiamo in una basilica bellissima. Vista dal basso fa veramente impressione. E’ altissima, non riesci nemmeno a vederne la punta. Peccato solo che sia buio e sia ricoperta da impalcature. Fatto comunque positivo, perché tutti gli edifici di Munchen sembrano restaurati o costruiti da qualche giorno. Mai una crepa, mai un’infiltrazione o una perdita di colore, e soprattutto mai una scritta a bomboletta!
Visto che è sera, decidiamo di prendere il sottopasso che ci permetterà di attraversare il complicato – per i pedoni – incrocio. Andando a sinistra si oltrepassa il fiume e quindi si va verso il centro, invece prendendo la strada a destra e costeggiando la chiesa si va verso il nulla (almeno di sera). E quale strada prendiamo? Quella a destra, ovvio! Dopo l’ennesimo chilometro e l’ennesimo corridore o ciclista, decidiamo di fermarci. La prima metropolitana sarà nostra.
Ed ecco la fermata KolumbusPlatz. Scendiamo di fretta, dimenticandoci i nostri buoni propositi di “passeggiata alla scoperta delle realtà locali” e cominciamo a decifrare quella strana lingua che è il tedesco. Ma uffa, dov’è l’inglese?? Insomma, alla fine ci sembra di capire che dobbiamo fare il biglietto da un euro. Almeno così fanno tutti. Inseriamo i due euro totali nelle funzionalissime macchinette (in tedesco, grrrr…) e partiamo verso il nostro treno. Quale sarà? Anche questo è un terno al lotto. Credevamo di essere duri noi, ma a molti è successa la stessa cosa. Però, una volta capito il meccanismo, cioè praticamente dalla seconda volta, è tutto semplice e naturale. Vi sentirete presto dei veri tedeschi! Inoltre non è come in Italia. Non dovete passare delle sbarre, l’ingresso è libero. Molti infatti non fanno il biglietto, ma mi hanno detto che poi le multe le fanno anche se spieghi che sei un povero turista smemorato.
Comodi sul nostro pulito metro, ci dirigiamo verso Hauptbanhof, cioè verso la stazione ferroviaria centrale. Usciamo su una grande piazza moderna e, cartina alla mano, ci dirigiamo verso MarienPlatz. Tra luci sfavillanti, sirene, negozi, sexy shop e centri commerciali arriviamo in Stachus, ovvero KarlPlatz. Stachus è la porta principale che dà sul centro e qui inizia la zona pedonale. Visto che siamo in pieno clima natalizio – già, è il 30 dicembre – davanti alla maestosa porta troviamo una pista di pattinaggio sul ghiaccio, ma ci sono soprattutto bambini. Tutti intorno piccoli baldacchini che vendono wurstel, crauti, birra e soprattutto vin brulé. L’odore aleggia nell’aria inconfondibile, e tutti hanno in mano una tazza (che poi, incredibile ma vero, restituiranno) che sorseggiano con gli amici. Alla destra della porta un McDonald’s: particolare perché i numerosi ingressi permettono di sfoggiare insegne nelle lingue più disparate: dall’inglese al giapponese al russo. Anche se, a dire il vero, il Mc Donald’s di Minsk ha la scritta in inglese, non in cirillico!
Dopo le riprese d’obbligo e le foto sotto il portone, entriamo in Neuhauserstrasse, prima parte della lunga via pedonale dedicata allo shopping e dove si concentra il maggior numero di negozi di tutto il centro, per tutti i gusti.
Noi entriamo subito nel negozio di sport che si trova sulla sinistra, alla ricerca di sciarpe delle squadre tedesche. Negozio fornitissimo, anche per il merchandising calcistico, ma delle sciarpe nemmeno l’ombra.
Non ci scoraggiamo, per gli acquisti c’è sempre tempo. Percorriamo la via abbagliati dalle luci dei negozi, la maggior parte dei quali di abbigliamento. Le botteghe di souvenir sono relativamente poche (si contano sulle dita delle mani) e particolare senza dubbio è Max Krug. Un assaggio della sua merce lo potete avere sbirciando nelle piccole vetrinette dislocate lungo il lato destro della strada, e se vedete qualcosa che vi interessa, potete entrare nel negozio, sul lato opposto. Si riconosce bene perché è strapieno di roba! Alcune cose però sono un po’ care. Ad esempio, i calici di birra potete comprarli in birreria (vedi dopo), dove costano meno.
I negozi sono troppi, ed elencarli tutti è impossibile. Comunque la maggior parte sono a buon mercato, anzi, spesso anche troppo buono. Ci è pure capitato di vedere giacconi a 4€. Si trovano scarpe, maglie, jeans, di tutto un po’ per tutti i portafogli. I negozi più “in” si trovano più verso MarienPlatz, partendo proprio dalla piazza andando verso est.
Sulla destra della strada, che dopo un po’ si trasforma in Kaufingerstrasse, si trovano un paio di birrerie. Da rammentare l’Augustiner, che si divide in locale birreria e locale ristorante. In pratica cambia poco, probabilmente solo il numero dei posti. In entrambi si mangia e si beve birra indistintamente. Anche se abbiamo fame, decidiamo di non fermarci alla prima e andiamo oltre. Dopo un paio di sexy shop (se siete curiosi entrate pure, dentro ci troverete un sacco di gente, senza distinzione di sesso/razza/gusti) e il museo della caccia e della pesca, ci accorgiamo di essere arrivati in Marien Platz. La piazza non è molto grande, ma subito rimani incantato dall’edificio che ti si apre sulla sinistra e che si allunga per decine di metri in altezza e in larghezza. Quello che credevamo essere una chiesa è in realtà il municipio di Munchen, con il suo carillon “a due piani” che suona ogni giorno per tre volte, alle 11, a mezzogiorno e alle 17.
Facciamo due riprese, poi la fame ci assale e, attirati da un altro negozio di sport in Sendlingerstrasse – appena entrati – notiamo una birreria più nascosta rispetto alle altre, la Paulaner. Ci lasciamo convincere dalla tranquillità che invece l’Augustiner non ci offriva dopo lo stress del viaggio e il sonno accumulato, ed entriamo. A parte la paurosa ventata di calore che ci getta addosso il condizionatore appena varcato l’ingresso, il locale è carino, abbastanza moderno e frequentato da gente molto calma. Ci fanno sedere in una sala a piano terra, adiacente l’ingresso. Vicino a noi in pratica solo tedeschi, soprattutto donne, e un tavolo di italiani. Optiamo per: Anna wurstel con crauti e purè e Matteo piatto di carne con patate, salsa e insalatina. Mangiamo bene, a parte il sonno che ci devasta. L’unico punto no, per nostra colpa, la bevuta. Per andare sul sicuro, essendo due astemi nel regno della birra, scegliamo l’acqua. Venti centilitri di “mineral wasser” 2,30 € mentre il doppio, cioè 0,4 litri di “taffel wasser” 2,60 €, credendo che la “taffel wasser”, acqua da tavola, fosse quella del rubinetto. Magari! Era solo un bicchiere di acqua frizzante. Lasciamo perdere.
Paghiamo il conto, in cui sono compresi i panini consumati (il coperto si paga così), che si aggira sui 20 €. Non è pochissimo, ma neanche troppo per essere nel bel mezzo del centro di Munchen.
Usciamo e facciamo una passeggiata per smaltire un po’, dirigendoci verso Residenzstrasse, che ci porta dritti verso Orlandostrasse, cioè la via più frequentata dagli italiani! Almeno a noi è sembrato così, visto che in quattro giorni abbiamo sentito più dialetti del bel paese lì che in tutta la nostra vita. Come mai? La strada che collega la Residenzstrasse a questa nuova via è caratterizzata da un ristorante italiano, sempre pieno ma per esperienza personale meglio evitare, e da uno dei tanti Müller, ovvero catena di fornai che, oltre a pane e pagnotte, vendono i brezel. E io non aspetto altro che mangiare un brezel! I brezel sono delle trecce di pane, scure fuori e biache dentro, ricoperte di sale grosso. In pratica, come dice Matteo, sono degli enormi salatini. I tedeschi ne mangiano in quantità, per mettere qualcosa nello stomaco assieme alle tante birre! Lasciato Müller – che si trova sull’angolo – si svolta a sinistra ed eccoci nel paradiso degli appassionati di calcio. Qui infatti si trovano i negozi ufficiali (anche se probabilmente non gli unici) del Bayern Munchen e del Munchen 1860. Molto belli visti da fuori, ma chiusi. Adocchiata una sciarpa rara, dal modico prezzo di 6,50 €. Inoltre ci sono anche dei negozi di souvenir, che espongono magliette, boccali e altri ninnoli da portar via. Alla fine della corta via troviamo la maggior concentrazione di persone. In pochi metri infatti si trovano Hard Rock Caffè, la famosa birreria Hofbräuhaus (HB) e un altro locale (Augustiner o forse Paulaner, chissà). Facciamo capolino prima ad uno poi all’altro per vedere se c’è gente e che prezzi hanno i menù, poi facciamo una capatina, tanto per dare un’occhiata, dentro l’HB. Impressionante. Sia la grandezza che il numero di persone. Piano terra, primo piano, negozio all’interno. Torneremo, anche perché il clima è molto festoso e animato. Non ci butteranno mica fuori perché non beviamo birra, no?
Dopo queste visite decidiamo di prendere la strada per il ritorno. Però non rifacciamo lo stesso percorso, ma ne scegliamo uno meno turistico e meno trafficato, finché non finiamo in una grande corte dove si trova un ristorante all’apparenza molto chic. Torniamo indietro e percorriamo tutta la Theatrinerstrasse verso MarienPlatz, ammirando i bei negozi di abbigliamento sparsi in qua e in là. Alla fine di questa strada c’è anche un altro centro commerciale che si affaccia sulla piazza del municipio. Molto bello per un certo tipo di abbigliamento, prezzi non altissimi.
Prendiamo la metropolitana in MarienPlatz, ma questa volta non compriamo il biglietto. Dobbiamo fare solo quattro fermate, e sarebbero di nuovo 2 €. Non è nel nostro stile, ma quando si gira si può anche infrangere qualche regola, purché non leda gli altri. Non ce ne avranno i nostri amici monacensi.
Cambiando a Hauptbanhof arriviamo diretti a Silberhornstrasse, la fermata giusta che ci porta al nostro hotel.

Secondo giorno: centro storico, giro città in pullman, capodanno
E’ il 31 dicembre e da calendario è prevista una mini gita (facoltativa) con guida. Tutto il gruppo partecipa, anche perché la neve caduta durante la notte scoraggia un po’ le lunghe camminate. Appena saliti sul pullman, la nostra simpatica guida, Manfred (detto anche Randolf) ci spiega che, essendo l’ultimo dell’anno, i negozi chiuderanno alle 14, quindi ci conviene girare per conto nostro la mattina e fare la visita guidata al pomeriggio. Votiamo per il sì, ma comunque Andrea, il nostro gentilissimo autista, ci porta in centro, e durante il tragitto – allungato per l’occasione – l’impeccabile Manfred non si fa scappare un solo commento. E guardate quel palazzo, e questa è una famosa birreria, questo è il cimitero, quello è il teatro delle marionette, questo è il fiume Isar, a Munchen c’è la metropolitana che si riconosce per la U, che sta per Unterbahn, come underground in inglese, e Munchen è una città giovane che va per largo non per lungo, ecc ecc. Tutto un lavoro così.
Alla fine ci scaricano in IsartorPlatz, cioè nella piazza vicino al fiume, dove si trova un’altra porta d’accesso al centro città. Dalla porta ci avviamo, tutti in gruppo con Manfred al seguito che continua a spiegare (sant’uomo!), in Tal, il viale che porta a MarienPlatz dalla parte precisamente opposta a Stachus. Lungo la strada ci sono numerosi negozi e soprattutto caffè (che ci sconsigliano vivamente di bere), oltre ad un supermercato - chiamato HL - che la nostra guida ci indica come molto buono ed economico.
Arriviamo in fondo al viale, a destra abbiamo Residenzstrasse, a sinistra Oberanger Rindermarkt, ovvero dove si trova il Viktualien Markt, famoso mercato di frutta, verdura, brezel, wurstel e co. tappa fondamentale per chi si reca a Munchen.
Pensiamo che sia meglio andarci più tardi e proseguiamo per MarienPlatz insieme al resto del gruppo. Fermi davanti al municipio, ammiriamo ciò che avevamo osservato solo di sera. In effetti è tutta un’altra cosa, anche se le luci dell’abete sono spente e c’è un gran via vai di gente. Dopo qualche minuto di racconto Manfred ci lascia andare, dandoci appuntamento alle 14. Noi due decidiamo di fare subito un salto da Kaufhof, la galleria commerciale che si trova proprio in piazza e dove speriamo di trovare sciarpe e souvenir. Tutto in attesa del carillon delle 11.
Kaufhof è il classico grande magazzino: al piano interrato (cui si accede anche dal sottopasso della metropolitana) tante calze, gli articoli di cartoleria e più in là il supermercato, dove trovi di tutto, soprattutto molte specialità di birra. Particolarità, anche qui l’acqua costa molto. Una bottiglia da un litro e mezzo più di 0,80 €. Ma bevono tutti birra qui?? Al primo piano la profumeria, poi si sale e si trovano vestiti da donna, da uomo, da bambino e poi ancora articoli sportivi, giocattoli, biancheria, oggetti per la casa, souvenir. Insomma, di tutto un po’ e prezzi ragionevoli. Noi abbiamo acquistato una cartolina, un maialino di pezza per un’amica e una sciarpa (scontata!).
Ormai sono le 11, e ci affrettiamo a scendere. In piazza sono già tutti col naso all’insù ad aspettare che il carillon entri in azione. Aspetta aspetta, ed ecco che parte. Prima la parte sopra, con la musichetta, poi quella di sotto. Il tutto dura circa dieci minuti, ed è davvero un carillon, non aspettatevi nient’altro. Da vedere, una volta, perché è comunque inusuale e simpatico.
Terminato lo spettacolo, ci incamminiamo verso l’altra galleria, di cui ci scappa il nome. E’ dalla parte opposta a Kaufhof e offre un genere di articoli molto diversi. Troverete vestiti di Cavalli e di Ralph Lauren oltre ad oggetti per la casa molto ricercati. Al piano terreno si trova qualcosa di più economico, anche se gli stessi capi firmati non costano quanto da noi. Sarà l’effetto degli sconti, già attuati, o forse l’euro, che da noi ha fatto lievitare i prezzi…
La visita dura poco, anche perché non siamo certo a Munchen per girare centri commerciali. Allora ci avviamo spediti verso i negozi del Bayern e del Munchen 1860, ma li troviamo chiusi. Disdetta! Torniamo indietro sempre percorrendo la Residenzstrasse e ci ributtiamo in piazza, dove decidiamo di entrare dentro il municipio dal grande ingresso principale che si trova proprio sotto il carillon. All’interno una corte dove è stato allestito un presepe, ma poi niente di che. Un paio di foto e via, verso S. Peter, la chiesa che si trova proprio tra MarienPlatz ed il Viktualien Markt. La basilica è a dir poco maestosa. Già vista da fuori fa impressione, ma dentro è ancor peggio. Pulitissima, senza una crepa, candida e ordinata. In fondo alla navata centrale un altare alto decine di metri, decorato d’oro e sfavillante come poche altre cose viste fino ad ora. Insomma, una visita la merita. Uscendo dalla chiesa saliamo su una terrazzina che si trova proprio dietro l’altare di S. Peter e davanti all’ingresso di Santo Spirito. Non siamo molto alti, ma la visuale è ugualmente bella. Si vede tutto il Viktualien, le vette delle basiliche, la Residenzstrasse e il viale Tal. Niente male per qualche minuto di sosta, foto e riprese.
Scendiamo e ci buttiamo in una svelta visita del mercatino. Numerosissime le botteghe dei macellai, dove si trovano delle borsine di stoffa splendide a soli 1,80 € (con il disegno a colori del Viktualien) e dove si può anche mangiare uno spuntino – di rigore wurstel bollito con mostarda e brezel –, poi sparsi ovunque chioschi che vendono frutta, il solito Müller, poi fiorari, banchi di verdura, un venditore di prodotti al peperoncino (lo ricoscete bene perché c’è un casco enorme di peperoncini appeso). Sullo sfondo la chiesa dello Spirito Santo e la sagoma di S. Peter. L’atmosfera sembra magica, tutto ricoperto di neve, con i tedeschi di corsa che girano tra una bancarella e l’altra, con i turisti che valutano con calma gli acquisti più vantaggiosi.
Abbiamo poco tempo ed è già l’ora di pranzo, così scegliamo, dopo un paio di sguardi sul Tal, di andare all’HB. Ci ritroviamo in Orlandostrasse grazie ad un sottopasso che parte dallo stesso Tal e sbuca proprio di fronte alla via dei football store. In questa galleria c’è un bar dal nome italiano, ma ci hanno detto che il caffè, oltre che costoso, è parecchio cattivo. Pochi metri ed eccoci arrivati davanti alla gigantesca birreria. Giriamo a lungo all’interno delle numerose sale e alla fine troviamo un posto in un angolino. Vicino a noi un altro tavolo di ragazzi italiani, poi degli inglesi (si riconoscono bene: le donne bevono litri di birra!) e ancora orientali. Anche il cameriere è orientale. Ordiniamo un piatto misto di wurstel sempre con purè e crauti (Anna) e del maiale (Matteo). Il servizio è lento perché i tavoli da servire sono moltissimi, e noi siamo in forte ritardo. Portano da bere, un bicchiere d’acqua e una weisse. La weisse perché l’intento era quello di bere una Radler (birra chiara e gazzosa, solo 2,5 gradi) ma sul menù è indicata soltanto da un litro. Davanti al nome “weisse” però c’è la parola kinder, che significa infantile o qualcosa del genere. Beh, invece è semplicemente weisse, da mezzo litro. Lasciata praticamente lì. Anche perché il piatto di wurstel lo portano relativamente presto, ma di maiale non ce n’è più, così facciamo a meno di ordinare altro e ci spartiamo quel poco che c’è in tavola. Il conto ammonta a circa 13 €, non poco per una sola portata. Ma il cibo è buono e l’atmosfera caratteristica, anche se noi siamo rintanati in un cantuccio. Sicuramente un posto turistico, ma non è affatto raro incontrarci gruppi di amici tedeschi che feteggiano compleanni o si ritrovano per bere un po’ di birra, anche nel pomeriggio. Se qualcuno c’è stato, simile al praghese “U Fleku”, ma meno costruito su misura per il turismo. Inoltre qui non ti riempiono il bicchiere ogni volta che è quasi vuoto, e non ti portano liquorini che credi gratis e in realtà poi si pagano. Punto in comune: il conto, scritto a penna dal cameriere sullo stesso blocchetto in cui segna le comande.
Usciti dall’Hofbräuhaus ci dirigiamo verso Isartor Platz, per l’appuntamento con il resto del gruppo. Appena “abboccato” Tal ci fermiamo al Mc Donald’s (il secondo incontrato dopo quello di Stachus) per un panino (Matteo) e un caffè terribile (Anna). Il pomeriggio scorre poi lento e assonnato. Percorriamo col pullman gran parte della città, scoprendo molte curiosità grazie al precisissimo Manfred, che continua imperterrito a sottolineare la giovane età di Munchen, il fatto che si sia sviluppata in largo e non in altezza e che la metropolitana si riconosce grazie alla “U” che sta per unterbahn, come underground in inglese. A parte ciò, vediamo in ordine sparso: alcune zone residenziali, il parco olimpico, l’unico vero grattacielo di Munchen in fase di costruzione, il palazzo della BMW, il museo della scienza e della tecnologia, il fiume Isar e le sue piscine, l’università, il teatro delle marionette, il palazzo un tempo birreria dove tentarono di uccidere Hitler, i terreni dove i monacensi acquistano casa e campo per fare del giardinaggio e il bellissimo Ninfburg. Qui ci fermiamo, ma non scendiamo nemmeno dal pullman, qualcuno dice che fa troppo freddo. Effettivamente caldo non è…Tutto intorno è bianco, ci sono poche persone, molte oche e qualche cigno, un laghetto ghiacciato e l’impressionante residenza di Adelaide di Savoia (così ci sembra di aver capito).
Alla fine del tour, tra l’altro disturbato da una costante pioggerella, torniamo in hotel. Sono ormai le cinque. Una doccia, un riposino, e poi via verso i festeggiamenti.
Uscendo dall’albergo puntiamo verso il viale della sera prima, passeggiando alla ricerca dei due locali che avevamo già adocchiato per cenare. Il primo ce lo ricordavamo più vicino e dopo qualche centinaio di metri a piedi tra la neve pensavamo di averlo oltrepassato senza vederlo. Invece, dopo una serie di negozi, sulla destra è apparsa la vetrata del pub: sbirciando all’interno abbiamo visto che c’erano solo un paio di persone al bancone e nessun segno di festa per l’arrivo del nuovo anno. Così abbiamo proseguito verso l’altro locale, il bel ristorante visto il giorno prima. Quando siamo arrivati abbiamo purtroppo notato il “tutto esaurito”, con le sale piene di gente vestita in modo elegante che festeggiava tra abbondanti portate e camerieri con vassoi carichi di piatti. Non abbiamo neppure provato ad entrare, visto che l’impressione era quella di un posto per il quale avremmo dovuto prenotare per tempo e “accettare” il menù a prezzo fisso esposto all’ingresso. Allora abbiamo fatto dietro front incamminandoci verso la fermata della metropolitana per raggiungere il centro, con in mano però un foglio con una serie di locali suggeriti da altre persone che avevano visitato Munchen prima di noi. Così, invece di scendere a Hauptbanhof, siamo scesi a Sendlinger per incamminarci verso Reichenstrasse alla ricerca di Eiche, un ristorante al numero 13. Scopriamo così che la via è molto lunga e divisa in due da una piazza: praticamente porta da Sendlinger Tor al Viktualien Markt. Lungo il tragitto, ancora a piedi nel freddo discretamente pungente, ascoltiamo i primi botti anticipati di tre ore rispetto alla mezzanotte e troviamo anche molti altri ristoranti, tutti (o quasi) chiusi. Dopo una bella camminata arriviamo finalmente al numero 13: Eiche è aperto ma è al tempo stesso pieno, elegante e dai prezzi tutt’altro che bassi (60-80 euro). Ci è bastato un rapido sguardo d’intesa per farci riprendere il cammino in direzione Marienplatz. Per raggiungere la piazza siamo arrivati alla fine di Reichenstrasse e, invece di proseguire dritti verso il Viktualien, abbiamo svoltato a destra per cercare un’ultima alternativa ai locali dell’area pedonale. Anche in questo caso però tutto chiuso: aperti solo i negozi degli orientali con odore di fritto e vetrine non molto invitanti. Abbiamo fatto buon viso a cattiva sorte e finalmente siamo arrivati in Marienplatz dalla parte di Tal.
Ormai avevamo sia la piena conoscenza della zona con tutti i locali più classici che una fame sempre più intensa. E’ iniziato così il “pellegrinaggio” tra Paulaner, Augustiner e HB: tutto pieno o, nel caso dell’HB, ingresso riservato a chi aveva prenotato la cena con la festa a base di birra e musica. Stessa situazione anche all’Hard Rock Cafè, dove il cenone era vincolato ad una sorta di concerto e ad un menù fisso dal prezzo esoso (90 euro o giù di lì).
Si stava prospettando la stessa soluzione del Capodanno precedente a Praga, ovvero un lauto cenone al… Mc Donald’s. Abbiamo lasciato Orlandostrasse per tornare in Tal, dove Mc Donald’s e Burger King si contendono i clienti a suon di luci e locandine con i menù a 5 euro. Siamo entrati al Mc Donald’s trovando tanti giovani in fila alle casse e, tra loro, anche una dozzina dei nostri compagni di viaggio, rimasti come noi senza un locale dove cenare. Il nostro cenone è diventato quindi un vassoio con tre Specialburger, un Chickenburger, due coca, patatine e un Mc Flurry alla fragola. Ce la prendiamo comoda, tanto fuori c’è un freddo tremendo e non sapremmo cosa fare fino a mezzanotte… Quando usciamo dal fast-food sono quasi le undici, così decidiamo di puntare subito verso MarienPlatz, tanto per aggiudicarsi un posto in prima fila. I botti sono già iniziati da un bel po’, e bisogna stare attenti a dove si mettono i piedi. Abbiamo letto su più racconti di viaggio e su qualche messaggio nei newsgroup che la notte dell’ultimo a Munchen è pura follia: non sono semplicimente botti, ma una vera e propria sfida a chi becca chi o cosa. Ed infatti ci accorgiamo subito che è proprio così. Due ragazzi (non esattamente monacensi) si divertono a lanciare per le scale della metro alcuni petardi, rischiando di beccare in pieno qualche sventurato uscito dal treno. Poco più in là, al centro della piazza, ecco decine di persone che improvvisano una specie di gara: chi centra per primo il carillon del municipio si aggiudica il titolo di miglior lanciatore di botti. Un gioco che sinceramente non fa divertire proprio tutti… Un gruppo di giapponesi si muove con delle sacchettate strapiene di petardi giganti, una di loro ha il piumino che da bianco è diventato nero. I minuti passano, e noi ci posizioniamo in un posticino strategico, di fronte alle porte del bancomat che fa angolo.
Dopo pochi minuti siamo già circondati da decine di persone, ma in fondo è un fatto positivo, visto che i botti – lanciati apposta verso la gente – in questo modo non possono prenderci… La mezzanotte si avvicina e ormai sembra di essere in guerra. Dal rumore al fumo, tutto rievoca immagini viste in tivù… Qualche ignorante continua a lanciare razzi addosso alla gente, e pure al municipio. Ora manca pochissimo, ma lo spettacolo continua: alla mezzanotte tutti danno il massimo, esplodendo ciò che di più grosso e potente hanno con sé. Tutto sommato è uno spettacolo divertente, anche perché da quella posizione non corriamo alcun pericolo. Peccato che dopo un po’ la stanzina del bancomat si riempia di ragazzetti ubriachi che cominciano a vomitare in qua e in là dietro di noi… Questo ci convince a spostarci, tanto ormai la piazza è diventata insopportabile, bisogna stare attenti a come ci si sposta per evitare botti ma anche qualche goccia di vin brulé bollente. Così, dopo aver incontrato qualche compagno di vacanza, bevuto con loro lo spumante (quello che ci aveva dato l’organizzatore…), saltellato, ballato e abbracciato un po’, ce ne andiamo in direzione del Viktualien, dove la situazione è più tranquilla. Ma anche qui si notano bene i segni dei festeggiamenti, visto che la candida neve è diventata grigia e il puzzo di bruciato si sente dappertutto… La metropolitana stanotte rimarrà aperta più a lungo, ma è probabile che più tardi ci sia più confusione così decidiamo di fare ritorno. Saranno le 2, non è tardi ma in fondo siamo sempre una coppietta, e tornare a in camera non ci può certo far male. La metro è abbastanza piena, al contrario di come pensavamo, e per le strade c’è gente che festeggia. Prima di rientrare in hotel ci concediamo l’ultimo sfizio, cioè lasciare un messaggio su un’auto con targa italiana…
Il 2004 è appena arrivato, e anche se non siamo davanti all’Arena di Praga a ballare la Macarena come un anno fa, tutto sommato non stiamo affatto male.

Terzo giorno: Ninfburg
Il primo dell’anno, dopo la sveglia in ritardo, siamo partiti alla volta di uno dei posti più belli di Munchen: Ninfburg, un’immensa residenza circondata da fontane e giardini. Abbiamo preso prima la metropolitana, poi il tram S1 (cambio alla stazione Hauptbanhof), ovviamente puntuale e comodo, come tutti i mezzi di trasporto bavaresi. Il bello del tram è che puoi vedere tutto quello che ti sta attorno, senza perderti niente. Così abbiamo visto belle zone residenziali, alcuni palazzoni, molte chiesette, ma comunque tutto sempre ordinato. Dalla fermata a Ninfburg non c’è molto, solo che con la neve sembra tutto più faticoso… Costeggiamo il canale, scattiamo qualche foto e poi arriviamo al laghetto che avevamo visto anche il giorno prima. Anche qui sono evidenti i segni di una notte di fuochi d’artificio: numerosi anche i tentativi di rompere il ghiaccio e di disturbare le povere paperelle che dormono tranquille. Lo spettacolo è meraviglioso, la pace è incredibile, e tutto quel bianco riempie gli occhi e il cuore. Nonostante sia il primo giorno dell’anno c’è abbastanza gente che come noi ha deciso di farsi una passeggiata rilassante, e non mancano i gruppi di turisti con tanto di guida parlante. Dopo numerosi sospiri e tante foto intorno al laghetto, decidiamo di spingerci all’interno, varcando l’ingresso e trovandoci di fronte ad un parco immenso. Bello con la neve, ma sicuramente meraviglioso in primavera, tutto verde e pieno di fiori. Insomma, la nostra Adelaide di Savoia si trattava proprio bene… Il parco è davvero grande, e noi non ci spingiamo troppo in là. Più impavidi di noi alcuni uomini che fanno jogging, mentre la guida del gruppo fa un bel ruzzolone sul ghiaccio… effettivamente è molto scivoloso!
Alla fine prendiamo coraggio e lasciamo Ninfburg, una delle tante meraviglie di questa quadrata città. Perdiamo l’autobus e restiamo in contemplazione ad ammirare da lontano la residenza. Poi partiamo alla volta dell’Olimpia Park (capolinea Olimpia Zentrum, c’è anche la metropolitana), e attraversiamo un gran pezzo di città, sempre bella e silenziosa, nonostante siano già le 13 passate.
Decidiamo di visitare subito l’Olimpia Stadion, lo stadio del Bayern Monaco: per 1,50 euro possiamo fare tutto il giro, sederci in tribuna stampa, leggere qualche insulto a qualche nostro connazionale e riposarci un po’, visto che siamo già stanchissimi a causa del freddo pungente. L’ora di pranzo è già passata, così ci spingiamo verso un chiosco che vende hot dog e vin brulé. Mangiamo e poi corriamo ad un altro chiosco, dove Matteo riesce a comprare ben cinque sciarpe di altrettante squadre di calcio tedesche, niente male per la sua collezione.
Sempre più infreddoliti ci dirigiamo verso la metropolitana e prendiamo il treno che ci porta vicino all’Englischer Garten, un immenso parco. Camminiamo parecchio e alla fine arriviamo dentro il giardino. Anche qui, se non ci fosse la neve, sarebbe un paradiso. Certo, la neve dà quel che di surreale, ma sicuramente fare delle passeggiate o una pedalata in bici in questo parco deve essere davvero bello. Un laghetto qua (ghiacciato, ovviamente), moltissima gente incappucciata, anche intere famiglie, gabbiani che fanno merenda, ponticini romantici, tanti alberi, qualche monumento, alcuni artisti di strada, calesse e, fortunatamente, un punto di ristoro, dove riusciamo a mangiare un altro hot dog e a bere una coca sotto la simpatica pagoda (come noi decine di persone), per poi accorgerci, sempre infreddoliti, che a pochi metri c’era un ristorante al chiuso, quindi riscaldato, con prezzi pure ragionevoli. E che ci vuoi fare, dall’insegna ci era parso uno spazio per presepe…
Quando si fa buio ci dirigiamo verso la metropolitana e torniamo in centro, per poi fare rientro in hotel.
Dopo una doccia caldissima e qualche giro intorno all’albergo alla ricerca di un localino tipico e alla mano, ci convinciamo che è sempre meglio andare verso il centro, destinazione Marienplatz.
Prima di cena però ci fermiamo in piazza della stazione (Hauptbahof), dove, come abbiamo visto sull’elenco telefonico, c’è un internet point. Dovevamo controllare il voto dell’esame di economia politica, e ci illudevamo che il primo gennaio qualche anima buona avesse aggiornato il sito del professore. Invece niente (scopriremo il voto solo il giorno di Epifania, con grande sorpresa). Comunque un internet bar molto bello, grandissimo, frequentato soprattutto da ragazzini e stranieri, ma molto economico. Dopo qualche minuto di navigazione partiamo verso il centro, convinti dall’ottimo profumo a cenare all’Augustiner. Nelle nostre teste c’è sempre l’idea che non si può andare in birreria senza bere, ma in fondo ci piace troppo la cucina bavarese per rinunciare, così entriamo. Dopo qualche minuto in piedi e un litigata tra un gruppo di milanesi ed un cameriere (avevano pagato sobbarcando il pover uomo di monetine da uno, due e cinque centesimi, talmente tante che non gli entravano nelle mani), ci sediamo, e lo stesso cameriere, gentilissimo, ci porta il menu. Gulasch e ali di pollo con purè, il tutto gustosissimo, da leccarsi i baffi davvero.
Dopo cena ci incamminiamo ancora verso il centro per una lunga passeggiata. Torniamo verso Orlandostrasse, sempre piena di gente, diamo un’occhiata ai prezzi degli altri locali per vedere se abbiamo risparmiato, sbirciamo dentro l’affollatissimo Hard Rock e poi ci spingiamo un po’ fuori, in una zona piena di night club. Girelliamo e vediamo le più svariate persone, ma niente a che vedere con le strade di Praga, niente a che vedere con gli amici dell’Atlas. Qui è tutto più… serio, diciamo. Comunque i locali, i sexy shop e le sale da gioco non mancano certo (come all’aeroporto di Frankfurt…), ma niente ci sembra meritare, anzi, così riprendiamo la metropolitana e torniamo in hotel, per l’ultima notte nella bellissima e freddissima Munchen.

Quarto giorno: shopping in centro e partenza per Prato
Eccoci arrivati all’ultimo giorno. Le valigie sono già pronte, abbiamo fissato alle 9.30 con il gruppo, quindi ci sbrighiamo a fare colazione e, con un po’ di ritardo, partiamo verso il centro. Ci restano alcune cose da vedere, come la cattedrale Freuenkirche, molto simile negli esterni alle altre chiese viste, ma di indiscutibile bellezza all’interno. Poi facciamo un paio di foto davanti al museo della caccia e della pesca, riconoscibile bene grazie ad un cinghiale e ad un pesce gigante entrambi in bronzo piazzati di fronte all’ingresso del museo, che sorge dove un tempo c’era una chiesa. Salto da Kaufhof per gli ultimi acquisti (i negozi erano rimasti chiusi nel pomeriggio del 31 e tutto il primo gennaio), poi nei simpatici negozietti sparsi qua e là, soprattutto per comprare l’immancabile palla di neve per la mamma. Rinnoviamo il consiglio a tutti di girare tutti i negozi, visto che i prezzi di certi capi a Munchen sono assai bassi rispetto ai nostri… Ultima tappa prima del pranzo il negozio ufficiale del Monaco 1860, che avevamo trovato sempre chiuso, dove Matteo ha potuto finalmente comprare una sciarpa che aveva adocchiato in vetrina fin dal primo giorno. Poi una borsa e due boccali dell’Hobrauhaus, poi via di corsa al Viktualien per pranzare. Fritto di pesce e wurstelone bavarese con salse, sempre tutto gustosissimo e condito da un paio di Brezel. Saremmo rimasti ore a girellare tra i banchi di questo colorato mercato, ad assaggiare ogni sapore, dagli enormi peperoncini ai formaggi ai tanti tipi di wurstel. Ma comincia ad essere tardi, e il nostro appuntamento alle 14 col gruppo incombe. Il consiglio è di girare il Viktualien con calma, e anche più volte, per scoprire sempre qualcosa di nuovo e gustoso!
Prima di montare sull’autobus ci concediamo un giro dentro un supermercato biologico molto frequentato. Non ci ricordiamo l’indirizzo, ma si incontra venendo dal centro verso Isartor, nostro punto fisso di ritrovo. E così, dopo tre intensi giorni in questa meravigliosa città, siamo pronti a ripartire, ovviamente con un po’ di tristezza nel cuore.

2006

29/12/06 - 2/1/07

“All good things come to an end” dice Nelly Furtado dal cd che riempie di musica la Bmw X5 di Maurizio e in quattro ascoltiamo le note e le parole mentre facciamo il resoconto dei nostri cinque giorni bavaresi tornando a Vaiano e lasciandoci alle spalle nuove amicizie, bei ricordi, tante risate e anche qualche momento un po’ triste.
La dolcissima canzone di Nelly Furtado, che ho scoperto pochi giorni prima della partenza, ci ricorda che tutte le cose belle prima o poi finiscono e come dimenticarlo, dopo un 2006 bastardo che finalmente è sparito da agende e calendari?
Io, i due Maurizio e Paolo (alias Teino, Trattorino, Skyzzo e Doro) abbiamo salutato l’anno vecchio in un modo più che inatteso ma andiamo per ordine…

29 dicembre
“Partiamo alle 9”, “No, meglio l’8”, “No, alle 7”. L’ultima parola è andata al padrone dell’auto, il Trattorino, e solo una mediazione dell’ultimo momento ha fatto spostare le lancette alle 7,15.
Ritrovo al Las Vegas, colazione a occhi semichiusi e partenza con il cielo ancora buio. Strada libera, grande auto sotto il sedere, Tom Tom pronto a correggerci al minimo errore (il satellitare si rivelerà preziosissimo per tutti i cinque giorni), viaggio in stile crociera e arrivo al Brennero con quasi tre ore di vantaggio sulla tabella di marcia: d’obbligo quindi la sosta a Innsbruck per un po’ di turismo e il pranzo. Il Doro si accorge di aver fatto il primo sbaglio: guanti caduti in terra a Vaiano al momento di salire in auto. Per sua fortuna il clima è quasi primaverile e si gira senza sciarpa e cappello.
Parcheggio ai margini del centro pedonale e camminata verso i localini tipici. Scegliamo l’Elferhaus, in Herzog-Friederich strasse, e mentre io prendo ottimo pollo fritto con Coca gli altri iniziano a scalare la classifica delle birre (3.20 euro mezzo litro) e dei wurstel. Carino il locale, particolare l’insegna della toilette, già al lavoro Skyzzo che, da buon elettricista, ha aiutato una cameriera a sistemare un lampadario “ribelle”.
Si riparte verso Monaco, orario previsto per la consegna delle chiavi dell’appartamento ore 16. Alle 15.56 mettiamo piede davanti al 342 di Riemerstrasse e dopo pochi minuti è arrivata Tania, la figlia della padrona di casa, a mostrarci le stanze scelte via Internet con Check-in Zimmerservice (consigliato): 116 euro a testa per quattro notti in un appartamento con una camera, un salotto-camera, cucina, bagno, ingresso e balcone in una zona tranquillissima a est di Monaco, dieci minuti d’auto dal centro.
Il tempo di sistemare le nostre cose, prendere confidenza con il letto, il divano, il bagno e la tv e poi via di nuovo in strada verso il centro. L’ora di cena è arrivata alla svelta e i due Maurizio hanno iniziato a mostrare i loro appetiti voraci: parcheggiamo vicino alla Leopoldstrasse (ritroveremo la Bmw con 25 euro di multa, pur avendo pagato fino alle 9 del mattino seguente… mistero), qualche centinaio di metri in strade fin troppo deserte e poi lo sbocco in Marienplatz, dove la bellezza della torre viene ammirata per i pochi secondi necessari a riabbassare lo sguardo in cerca di un locale per mangiare. E fra le tante birrerie della zona la scelta (degli altri, con la scusa dell’insegna bella) non poteva che cadere sullo “zum Spockmeier” di Rosenstrasse, lo stesso locale dove avevo pranzato nel mio primo giorno bavarese di tre anni prima. Stesse cameriere stagionate in abito tirolese, soliti tavoli e sembrava ci fosse anche la solita gente: un tuffo nel passato, tanto per gradire… E dal primo conto di 25 euro a testa dagli altri mi vengono “condonati” cinque-sei euro visto che non ho partecipato all’orgia di due litri e mezzo di Paulaner (3,55 per mezzo litro), grappa e caffè.
Alle 22 eccoci di nuovo a spasso alla ricerca di un locale con un po’ di musica ma il centro è praticamente deserto, con l’eccezione di qualche gruppetto di turisti, ovviamente italiani. L’idea era di far mezzanotte e andare a letto presto, dopo il viaggio e in considerazione del programma per il 30. E infatti erano le 5,30 del mattino quando siamo usciti dal locale del Kunstpark Ost, dove siamo finiti dopo aver rinunciato all’Hb e all’Hard Rock in centro.
“Andiamo a vedere laggiù”, ho detto ricordandomi l’esistenza di questa grande ex area industriale, così alle 23 ci siamo ritrovati con centinaia di giovani a scegliere uno dei tanti spazi a disposizione di chi si vuol divertire. Primo giro di perlustrazione, secondo giro con ingresso negato in un locale dalle cui finestre spuntavano facce interessanti (…) e alla fine l’illuminazione del Trattorino: “Qui le ragazze entrano gratis!!”.
Abbiamo alzato lo sguardo e ci siamo trovati di fronte l’insegna: “Kalinka” (www.clubkalinka.de). La scritta è contornata da bandiere di tutti gli stati dell’ex Urss, sulla veranda troneggia la testa di Lenin e il rosso è il colore predominante.
Un po’ dubbiosi abbiamo chiesto in inglese al buttafuori Ivan se potevamo entrare: non avendo capito una sola parola di quello che ci ha risposto abbiamo messo il piede sui primi due scalini, lui non ci ha fermato e quindi siamo andati alla cassa a pagare i 6 euro di ingresso senza consumazione.
Al guardaroba scritte in tedesco o in russo, sulla pareti orologi con gli orari di Monaco, Mosca, San Pietroburgo e Kiev. Abbiamo pensato subito ad una scelta originale e curiosa ma appena scostata la tenda rossa dell’ingresso ci siamo ritrovati in piena Piazza Rossa: cartine in cirillico, foto di tutti gli ultimi capi di stato (tranne Eltsin, a meno che non l’abbia visto io…), bandiere rosse, falci e martelli, manifesti (anche il “Vota Comunista” italiano) e canzoni russe a tutto volume.
Ancora il passato recente a perseguitarmi e a risvegliare dolori e giramenti di palle ma di motivi per far buon viso a cattiva sorte ce n’erano a dozzine, se non a centinaia.
Il locale è piccolo e noi siamo arrivati presto, trovando posto ad uno dei pochi tavoli esistenti: accanto a noi cinque ragazze russe giovanissime con due accompagnatori altrettanto giovani, nel resto del locale altre bellezze dell’est che per alcuni minuti ci hanno fatto temere (o sperare?…) di essere finiti in un simil-bordello per semi pedofili. Invece il Kalinka è semplicemente il luogo di ritrovo di russi e simili di Monaco: gestito da russi, con dj russi e ucraini, cameriere russe, bielorusse, estoni e ucraine e con, mai visto in vita mia, la vodka servita nei bicchieri non dalla bottiglia ma direttamente con le “pistole” che da noi si usano di solito per Coca, birra e Fanta.
Tutto avrei pensato meno che di passare la prima serata a Monaco tra un “privet”, un “minià zavut Matteo”, un “das vidania” e poche altre parole che conosco in russo. Peccato non aver intavolato una discussione nella quale inserire quella che conosco meglio, “arbùs”, ma è difficile parlare di cocomero il 29 dicembre a Monaco…
Alla fine siamo usciti alle 5,30 (in realtà volevamo andarcene stravolti un’ora prima ma il Trattorino ha perso il biglietto del guardaroba e abbiamo dovuto aspettare che si svuotasse il locale per riavere il cappotto!!) dopo tante ore passate con nuovi/e amici/che russi, ucraini, kossovari, tedeschi, più un’indiana della quale è meglio non parlare, anche se ci ha fatto morire dal ridere. Visto il divertimento abbiamo subito comprato i biglietti per il veglione di San Silvestro per poter arrivare al Kalinka senza fare la fila.

30 dicembre
Il programma fatto (da me) nei giorni precedenti era categorico: sveglia alle 9, visita all’Allianz Arena alle 10,15, partenza per Dachau a mezzogiorno, visita al campo di concentramento, pranzo tipico bavarese e partenza per un altro pomeriggio di sano turismo. E infatti… a mezzogiorno e mezzo siamo usciti dall’appartamento ancora intontiti dal Kalinka (chi dalla musica, chi dalla vodka…) e siamo arrivati all’Allianz Arena dopo nemmeno venti minuti di auto. Lo stadio appare dietro una collinetta sormontata da un’elica per l’energia eolica e la vista è stupefacente: una grande cattedrale bianca che sembra leggera come una nuvola. Abbiamo parcheggiato nel sotterraneo (si pagano 3 euro l’ora) e dopo sei rampe di scale siamo sbucati nella grande zona davanti ai cancelli rimanendo subito “schiacciati” dall’imponenza dello stadio: per farlo entrare nelle foto siamo dovuti rimanere a cento metri dall’ingresso. Al tour guidato (che costa 8 euro e dura 75 minuti) abbiamo rinunciato quando ci hanno detto che dovevamo aspettare più di un’ora e così ci siamo limitati ai negozi di Bayern e Monaco 1860, a quello dell’Arena con cartoline e modellini dello stadio, a mangiare ad uno dei bar dietro le curve e a vedere le tribune da lontano.
Dachau era la tappa seguente e non potevamo arrivarci col buio. Ma qui si inserisce Antonio, un italiano che vive vicino a Monaco e che ha sposato la sorella di una donna che vive a Vaiano con un amico nostro e del Trattorino in particolare. Antonio era stato a Vaiano proprio a Natale ed aveva detto a Maurizio: “Quando venite lassù passate a trovarmi”. Detto fatto: dopo l’Allianz abbiamo fatto tappa a Karlsfeld a prendere Antonio, che ci avrebbe fatto da guida nella vicinissima Dachau: persona straordinaria, terrone per autodefinizione, di quelli che non ti accompagnano ma ti “sequestrano”, che non ti danno da mangiare ma ti fanno strafogare, che non sono amici ma “compari”, che “sei ospite a me e devi stà bene”…
Nei pochi minuti in auto scherzi, battute, nuovi modi di dire e risate ma tutto si è smorzato fino a finire al momento di entrare a Dachau, un campo di concentramento dove sono morte 43 mila persone dal 1933 al 1945. Il perimetro è rimasto intatto e c’è ancora un pezzo di rotaia a ricordare il punto dove si fermavano i treni carichi di deportati: di fronte l’ingresso, piccolo se rapportato alla quantità di gente che l’ha varcato, con il celebre cancello in ferro con la scritta “Arbeit macht frei”, “Il lavoro rende liberi”.
Mi aspettavo un luogo più piccolo e invece lo spazio che si apre davanti agli occhi di chi entra è enorme ed il brutto è che la parte di campo visitabile non è nemmeno la metà di quella originale (la zona degli alloggi delle SS è chiusa ai visitatori).
Delle 34 baracche che ospitavano i prigionieri ne sono rimaste due, ricostruite, visto che le originali erano troppo decrepite per tenerle in piedi. In realtà le testimonianze dirette di quel passato sono minime: qualche letto a castello, i bagni, il lungo viale che divideva i blocchi di baracche. Ma il grigiore del cielo, la pesantezza dell’atmosfera, il silenzio, la consapevolezza di calpestare sassi e terra che appena sessanta anni fa sono stati toccati da piedi di persone costrette a vivere in condizioni barbare o a morire in modi ancora più vigliacchi mi hanno (anzi ci hanno) messo addosso tanta amarezza: anche le vite spezzate, gli amori finiti, la Juve in B, i casini per il lavoro, Santana che non gioca mai, le ragazze del Kalinka troppo giovani per noi, il Las Vegas quartultimo, il sonno turbato dal russare di qualcuno o la casa da comprare che vada bene per il babbo anziano diventano coriandoli colorati di fronte a tanta assurdità.
Uscendo dal forno crematorio, dopo aver passato il reticolato con il filo spinato e l’elettricità, le camere di disinfestazione e quella a gas ho sentito dentro di me l’esigenza, quasi l’obbligo, di dover chiedere scusa a qualcuno, non so bene a chi: era come se migliaia di occhi mi guardassero con rabbia perché ero uscito con i miei piedi da un luogo che per 43.000 (quarantatremila, quattro-tre-zero-zero-zero…) persone è stato il capolinea di un viaggio atroce. Per fortuna la lunga camminata verso il museo, ospitato nell’ex edificio dei servizi vicino all’entrata, è servita a allontanare il senso di colpa: la visita al museo avrebbe richiesto più tempo ma ormai fuori era quasi buio e c’era da riattraversare il cancello per tornare alla Bmw, alla Juve in B, alle fidanzate e alle mogli ormai lontane e al nostro “status” di turisti.
Il 30 dicembre è finito qui: la sera niente ore piccole perché dovevamo recuperare in vista del veglione di fine anno. Solo il tempo per un cheeseburger di mezzanotte al Burger King di Riemerstrasse e poi a nanna…

31 dicembre
Il programma del 31 era stato pensato e ideato nei minimi particolari dai due Maurizio: turismo, shopping, cenone e festa al Kalinka. Ma c’è stato subito un piccolo problema: il 31 concideva con la domenica e quindi ancora una volta il centro di Monaco ci ha accolto con una serie infinita di negozi chiusi, compresi addirittura i chioschi con i souvenir. Così tutto si è di nuovo ridotto al binomio mangiare-camminare.
Siamo andati a pranzo all’Augustiner di Neuhauser Strasse, uno dei locali già “sperimentati” nella prima esperienza bavarese e per me uno dei migliori tra tutti quelli visti. Tanti turisti, “bella gente” e portate abbondanti, tra una foto e un filmato per sperimentare la nuova digitale. Poi una camminata per andare a vedere la pista di pattinaggio sul ghiaccio a Karlstor (Stachus), dove una meraviglia della natura ha allietato la nostra vista per qualche minuto.
L’odissea per trovare una birreria con posti liberi per il cenone di Capodanno è iniziata presto e si è conclusa senza risultati, così abbiamo pensato di chiamare in causa… Antonio, arrivato in cinque minuti pronto a scorazzarci con la sua auto in giro per Monaco. Ma nonostante il suo aiuto e le sue dritte non c’è stato modo trovare un tavolo per quattro: io ero già pronto all’ennesimo cenone da Mc Donald quando Antonio ha esclamato: “Perché non venite da noi? Abbiamo organizzato una cena collettiva, magari non vi piacerà la compagnia ma di certo mangerete…”.
Quel “noi” non bene specificato avrebbe lasciato nel dubbio chiunque ma la prospettiva di arrivare a mezzanotte senza aver cenato ci ha convinti ad accettare: appuntamento a Karlsfeld per le 20 in punto. Siamo arrivati alle 20,10 e tutti stavano aspettando solo noi, anche perché in realtà la cena era iniziata con gli antipasti alle 19…
Dove siamo finiti? Al numero 11 di Dieselstrasse, nella zona industriale di Karsfeld, al ristorante-self service “Cantina” del signor Di Pasquale, dove l’Associazione Basilicata aveva organizzato il “Cenone di Fine Anno 2006”. Siamo entrati nel grande salone dove erano già sedute a tavola oltre cento persone: quasi tutti italiani immigrati con le famiglie più un gruppo di rumeni che vive lassù: tutti ci hanno guardato come se fossimo noi gli stranieri ma in pochi minuti il ghiaccio è stato rotto, anche perché a più di una persona è venuta la curiosità di chiederci come diavolo fossimo finiti a quella cena.
Tra una portata e l’altra, alternata a canzoni e balli, tra un Toto Cutugno e un “Volare” con anche un “Dragostea din tei” in onore agli amici rumeni, siamo arrivati a cinque a mezzanotte senza aver ancora mangiato la carne. Per educazione avevamo deciso di rimanere lì fino al brindisi di capodanno e poi andare al Kalinka ma all’improvviso sono spariti tutti, orchestrina compresa. Niente conto alla rovescia: tutti nel parcheggio a sparare botti. “Venite a vedere, perché da noi questo è uno spettacolo” ci ha detto una signora ed in effetti fuori uomini di ogni età e bambini avevano preparato fuochi artificiali, missili e petardi di ogni tipo: credo che Saddam sia stato impiccato per molto meno rispetto a quello che è successo a cavallo di mezzanotte, con i calici di prosecco che si alternavano ai botti. Abbiamo dovuto aspettare mezzora prima che gli scoppi finissero e ci potessimo mettere in strada senza pericoli.
Alla fine siamo arrivatio al Kalinka poco dopo l’una e ci siamo buttati tra la folla festante. Abbiamo ritrovato qualcuno della prima sera e incontrato tante altre persone, ci siamo divertiti e, per farla breve, alle 6,30 abbiamo deciso che era l’ora di andare via, lasciando sulla pista da ballo almeno cinquanta irriducibili e sulle scale e i divanetti un paio di tizi devastati dall’alcol.
Alle 8,05 mi sono tirato addosso il piumone dopo aver visto con Trattorino la prima alba dell’anno nuovo.

1 gennaio
Il risveglio per noi quattro è arrivato a orari diversi, da mezzogiorno alle 14,30 e per la prima volta siamo stati costretti a muoverci con mezzi diversi a causa di diverse… necessità. Io sono andato in treno da Riem fino a Marienplatz (1,10 euro la corsa singola sia in metro che sulle linee di superficie) e poi, dopo una sosta al Mc Donald e una ad una buonissima pasticceria sotto i portici all’angolo tra Marienplatz e Wienstrasse per un krapfen alla marmellata di albicocca, il gruppo si è riunito sulla terrazza della pista di pattinaggio, prima di dividersi di nuovo per la cena. Grossa la delusione all’HB dove, dopo la festa del 31, erano rimasti a corto di wurstel e salsicce già alle 19: per me nessun problema ma c’era chi voleva giustamente mangiare carne di quel tipo e così siamo andati da Maredo (Tal 8), la catena che offre tanti tipi di carne a prezzi più che ragionevoli. Abbiamo cenato riempiendoci fin troppo per 17 euro e diventando oggetto di discussione e scommessa per un gruppo di otto ragazze padovane (l’accento toscano attira sempre l’attenzione…). Poi un giro alla sala giochi “Las Vegas City” (ovviamente), la nuova riunificazione del gruppo e il ritorno a casa per recuperare il “fuso orario” sballato.

2 gennaio
Parola d’ordine del Trattorino, nel frattempo ribattezzato Kalinka o Brontosauro (Skyzzo è diventato Squizzo e Squillo, il Doro Monghidoro Red Bull, io sono rimasto Teino…): “Non mi fate bere perché devo guidare per tornare a Vaiano”. Risultato: ho guidato IO da Karsfeld a Vaiano.
Questo perché siamo stati invitati a pranzo da Antonio e dalla moglie Giuseppina, che ha seguito alla lettera la nostra richiesta di non cucinare molto: antipasto, polpette di carne, maccheroni al sugo, agnello, scaloppine al vino bianco, patate, insalata, frutta secca, formaggio, dolce comprato da noi alla galleria Kaufhof, vino novello a fiumi, birra a torrenti, caffè, amaro Lucano e grappa. Volevamo partire al massimo alle 15 per sfruttare un po’ di luce, siamo partiti alle 17 sotto la prima nevicata dell’anno (ma poca roba…) carichi di regali da portare a Vaiano.
Qualche minuto prima di mezzanotte sono entrato in casa: la vacanza era finita. Ha ragione Nelly Furtado: le cose belle finiscono sempre…